Dalla fede all'esaltazione,
allarme predicatori a Nordest

Venerdì 2 Ottobre 2015 di Giuseppe Pietrobelli
Dalla fede all'esaltazione, allarme predicatori a Nordest
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Nel Nordest dove gli obiettivi sensibili di un’ipotetica escalationviolenta di matrice islamica sono le basiliche del Santo a Padova e di San Marco a Venezia, il rischio reale non sembra essere legato a possibili attentati, ma al proselitismo nelle comunità religiose. Grazie ai "predicatori itineranti" e ai collegamenti web che tanta suggestione provocano in soggetti più propensi alla radicalizzazione della loro fede religiosa.

È in questi ambiti che si sono indirizzate le inchieste degli ultimi anni. Una geografia variegata, sintetizzata mesi fa dal procuratore aggiunto di Venezia, Adelchi d’Ippolito, per il Veneto: «Abbiamo in corso una trentina di inchieste di diversa importanza. Alcune partono da semplici segnalazioni, altre presentano elementi più concreti. Non sottovalutiamo nulla, dal caso degli imam in movimento, al calciatore rodigino che ha esaltato per l’attentato Charlie Hedbo». A Trieste, il procuratore Carlo Mastelloni, per il Friuli, ha dichiarato: «Molti sono i centri di preghiera e di aggregazione e altrettanti i potenziali adepti che vivono nel nostro territorio e possono sentirsi "spaesati", demotivati...».

IL MURATORE. Il caso più noto di proselitismo è quello del muratore Ismar Mesinovic, imbianchino di Longarone, morto nel 2014 combattendo ad Aleppo. Aveva 36 anni. Aveva portato con sè il figlioletto. Una catena di contatti ha portato da Mesinovic a Munifer Karamalesky, già residente a Chies d’Alpago, e due macedoni-pordenonesi. Arslan Osmaniski, 28 anni, di Azzano X e Ajhan Veapi, 36 anni, di Trezzo. Tutti sono stati indagati. Solo perquisito un italiano di Longarone convertitosi all’Islam.

IMAM ITINERANTE. Pordenone è stato un crocevia. I Ros hanno fatto numerosi blitz in case di musulmani, nel 2008 e 2010. Nel 2013 una ragazzina fu perquisita dopo che furono trovate tracce telematiche che la collegavano a cinque marocchini arrestati a Brescia. Ma è la figura dell’imam Bilal Hussein Bosnic, bosniaco, a giganteggiare. Ideologo religioso legato all’Isis, nel maggio 2013 aveva predicato anche nel centro islamico di via della Comina, a Pordenone, qualche mese prima di essere arrestato in Bosnia. Lì aveva incontrato, secondo gli investigatori, Mesinovic e avuto contatti con Karamaleski, Ormaniski e Veapi. Le sue prediche avrebbero convinto l’imbianchino ad arruolarsi.

MOSCHEE. Sono nel mirino da sempre, per le prediche e per l’ospitalità a clandestini. Non si contano le perquisizioni, ad esempio, nella Marca trevigiana, da Motta di Livenza a Guarda di Montebelluna, da Pieve di Soligo a Nervesa della Battaglia, da Casella d’Asolo a Ormelle. La moschea di Motta finì sotto inchiesta già nel 2000 per reclutamento di mercenari. Nel 2003 toccò a cinque islamici sospettati di terrorismo salafita. Nel 2009 viene arrestato ed espulso uno dei fondatori della stessa moschea, residente a Gaiarine. Nel 2013 finì nel mirino un gruppetto pseudo salafita composto da quattro persone che vivevano a Riese Pio X, Resana e Montebelluna, indagati per diffusione di ideologia terroristica. A San Donà di Piave il caso più clamoroso: l’imam marocchino Abdelbar Raoudi aveva incitato i fedeli della moschea pregando «Allah di uccidere tutti gli ebrei e così rendere felici i musulmani di tutto il mondo». Fu espulso.
Ultimo aggiornamento: 11:28 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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