Ennio Doris: «Autonomia, meglio per tutti E più responsabilità ai politici»

Venerdì 18 Gennaio 2019 di Angela Pederiva
Ennio Doris
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Era il 1969, quando Ennio Doris guidava una vecchia Fiat 850, ma sognava di arrivare un giorno a comprarsi una fiammante Citroën Pallas, come quella del suo capo. Mezzo secolo dopo, il presidente di Banca Mediolanum, padovano di Tombolo, si sposta in elicottero.
«Torno in Veneto tutti i fine settimana», racconta alla Labomar di Istrana, tappa trevigiana del suo viaggio fra le eccellenze imprenditoriali del made in Italy.
Cos'ha visto finora?
«Cose straordinarie, grazie alla creatività, alla passione e alla forza delle imprese italiane familiari. Molti le criticano ma negli Stati Uniti, e cioè nella patria delle imprese di grandi dimensioni gestite dai manager, le ricerche hanno evidenziato che sono le aziende familiari a creare più valore nel tempo. Per un manager, la ditta è spesso un taxi sul quale sale e si fa trasportare per un po' di anni, con una visione di breve, massimo medio periodo. Chi la fonda, invece, la guarda come se fosse un figlio, pensa a come sarà fra cinque-dieci-vent'anni, fa scelte diverse. Quindi cominciamo a dire che l'Italia è fortunata perché ha tante imprese familiari».

Malgrado l'ostacolo del passaggio generazionale?
«C'è sempre quella difficoltà, perché magari un erede non c'è o ha altre passioni. Il grave errore che fanno certi genitori è di tornare a casa e sfogarsi del lavoro. A mio figlio ho sempre detto di fare quello che voleva. Ma siccome avevo piacere che potesse seguirmi, fin da bambino gli ho sempre parlato con entusiasmo della mia attività ed evidentemente lui se n'è innamorato».

Suo figlio Massimo è amministratore delegato del vostro gruppo, basato sull'idea del banchiere di famiglia. Come vi ponete in un Nordest che si è sentito tradito dalle banche del territorio?
«Noi italiani siamo sempre abituati a cercare gli scandali. Per carità, qualche banca del territorio si è mossa meno bene di qualche altra. Ma non dobbiamo dimenticare che la crisi subita dall'Italia, dopo il fallimento di Lehman Brothers e con la tassazione imposta dal governo Monti, quindi la moltiplicazione dei crac da parte delle aziende e l'esplosione dello spread innescata dalla Germania, è stata la più grave e la più lunga del Dopoguerra. Il fatto è che la nostra economia è la più banco-centrica del mondo, con un connubio incestuoso e pericoloso: in Italia viene dalle banche il 90% dei finanziamenti alle imprese, mentre negli Stati Uniti è il 30%. Lì gli imprenditori pensano anche all'aumento di capitale e al prestito obbligazionario, in alternativa al classico fido. Qui invece stiamo ancora pagando una decisione folle presa una sessantina di anni fa, quando con l'avvento del centrosinistra al Governo iniziò a diffondersi una cultura anti-impresa, attraverso la penalizzazione per gli investimenti di risparmio in Borsa. Quel provvedimento ha ucciso il mercato finanziario italiano».
Sente aria di recessione?
«L'attuale Governo ha fatto una legge di Stabilità che apparentemente stimola i consumi attraverso il Reddito di cittadinanza, peraltro destinato a una fascia di consumatori limitatissima, ma che in realtà ha spaventato i mercati, tant'è vero che è ripartito lo spread. Uno è libero di dire: non mi faccio dettare la mia politica dal mercato, ma la decido io. Però deve essere coerente e non chiedere soldi al mercato, perché le dichiarazioni che possono portare voti in Italia, sono ascoltate anche a New York, magari dal gestore del fondo pensione americano che investe in titoli di Stato e allora decide di comprarne meno. Nel frattempo il consumatore prende paura e rallenta, l'impresa prende paura e rallenta... Insomma sì, penso che il rischio di recessione ci sia. Speriamo abbia ragione il ministro Giovanni Tria, speriamo che sia solo stagnazione. Il problema è che su questo si innesta poi un problema mondiale».
Allude alla guerra dei dazi?
«Sì. Donald Trump ne ha messo in discussione il livello, perché i dazi imposti alle merci americane quando vengono esportate sono più alti di quelli delle merci degli altri Paesi quando vengono importate. Certo, Trump ha modi ruvidi, non simpatici almeno per quanto mi riguarda. Però la Corea, il Messico e il Canada hanno firmato i nuovi accordi».
Lo farà pure la Cina?
«Ha tutto l'interesse a farlo, perché la guerra dei dazi fa male a tutti, ma fa più male a chi ha una bilancia di pagamenti attiva. Fra la rottura del vecchio equilibrio e il raggiungimento del nuovo equilibrio, c'è inevitabilmente una situazione di instabilità, in cui l'economia rallenta e i consumi soffrono, però è un processo provvisorio e poi torna la serenità. Questo in Italia andrà ad aggiungersi alla paura interna. Le racconto un aneddoto. Tutti i fine settimana torno al mio paese e un sabato vado a prendere il caffè al bar. C'è un signore che sta parlando a favore di questo Governo. Mi guarda, mi riconosce e mi dice: ho paura dei titoli di Stato. Allora gli rispondo che non deve, perché anche noi come banca ne compriamo 3 miliardi all'anno. Però le paure non sono razionali e se ha preso paura lui che ha votato Lega o Cinquestelle, figuriamoci gli altri... Questa è la cartina di tornasole. Però poi passa».
E lei ha paura di Brexit?
«L'Europa ha esagerato sulla politica di austerity, sul dirigismo nel decidere quanto devono essere grandi le banane, sull'invasione di immigrati. E gli inglesi, che sono molto gelosi della propria sovranità, hanno detto basta. La mia visione personalissima è che però si esagerano i problemi: probabilmente l'Ue ha avuto una reazione forte per dare un segnale agli altri membri, ma non credo che succederanno cataclismi. Ricordiamoci che l'Inghilterra è il più grande cliente dell'Europa, parliamo di 100 miliardi di importazione. Quindi probabilmente diranno: abbiamo sbagliato qualcosa. E rinegozieranno».
Da mezzo veneto e mezzo lombardo, come vedrebbe l'autonomia delle due Regioni?
«Credo che tutte le Regioni italiane dovrebbero avere l'autonomia, naturalmente in un Paese federale, perché più le decisioni sono vicine al popolo, più il politico è costretto a stare attento. Io sono orgoglioso di essere italiano anche perché in Italia c'è una città come Napoli che è la più bella del mondo e perché attorno a ogni campanile c'è una ricchezza straordinaria di usi, costumi, tradizioni, musica, lingua, cibo. È giusto che ognuno abbia la propria autonomia e sia quindi responsabilizzato di conseguenza».
Il suo socio e amico Silvio Berlusconi ha annunciato che si candiderà alle Europee.
«È un gigante, punto. Chi ha messo d'accordo Bush e Putin a Pratica di Mare? Berlusconi. Chi ha risolto l'attrito fra Obama e Putin prima dell'incontro a L'Aquila? Berlusconi. Qual è stato l'unico politico all'apertura del museo dei Bush con tutti i presidenti americani viventi? Berlusconi. E l'unico invitato straniero al matrimonio della figlia di Erdogan? Berlusconi. Come gli ha detto Putin: Silvio quanto ci manchi. Ma vedrete che saprà ricompattare il fronte del centrodestra, com'è naturale che sia. Lega e Cinquestelle hanno programmi troppo diversi, per cui questa parentesi di Governo si chiuderà. Se tra un anno o cinque, lo diranno i posteri».
Angela Pederiva
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Ultimo aggiornamento: 14:26 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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