Veneto Banca e Popolare Vicenza
Spa e Borsa, guida per gli azionisti

Martedì 8 Dicembre 2015
Veneto Banca e Popolare Vicenza Spa e Borsa, guida per gli azionisti
Un percorso (obbligato?) speculare nella sostanza, differente nei numeri e nei tempi. Veneto Banca e Popolare di Vicenza sono davanti ad un triplo salto destinato a cambiare il volto dei due grandi istituti bancari della regione e gli equilibri della loro base sociale: nell'ordine, trasformazione in società per azioni, aumento di capitale, quotazione in Borsa.

Almeno per quanto riguarda il primo punto, è la legge stessa a porre paletti precisi: l'addio alla forma cooperativa dovrà essere completato entro la fine dell'anno prossimo. Il gruppo montebellunese ha già definito un calendario dettagliato. La prima tappa, anzi, è ormai imminente: tra pochi giorni, sabato 19 dicembre, è convocata l'assemblea per votare il cambio di natura sociale. Non solo, gli 88mila azionisti saranno chiamati a deliberare le deleghe al cda per avviare la ricapitalizzazione da un miliardo di euro e il collocamento a Piazza Affari.

La road map tracciata dall'amministratore delegato Cristiano Carrus procede spedita: a gennaio costituzione del consorzio di garanzia in vista dell'offerta pubblica iniziale, il 29 gennaio incontro con gli analisti per la fase di prequotazione, tra il 10 e il 15 febbraio presentazione del bilancio consolidato per il 2015, in netto anticipo rispetto al solito, per tener fede agli impegni di trasparenza, ma anche e soprattutto per dar agio a Consob e Borsa Italiana di elaborare i prospetti per lo sbarco sul listino. Poi, una seconda riunione con gli analisti verso la fine di febbraio, per compiere, nel corso del mese successivo, il premarketing (in sostanza la "promozione" in vista della Borsa) negli ambienti finanziari internazionali. Altra data che gli azionisti dovranno evidenziare in agenda: il 20 marzo, quando dovrebbe essere resa nota la forchetta di prezzo per l'Ipo. A questo punto comincerà il cosiddetto "bookbuilding", ovvero la prenotazione delle azioni, con un diritto di prelazione riservato ai soci, per giungere al debutto ufficiale sul listino intorno alla metà di aprile. Quotazione che avverrà, come si dice in gergo, già "post money", ovvero con già incamerato l'aumento. A chiudere il ciclo, presumibilmente verso fine aprile, l'annuale assemblea di fine esercizio, a cui l'attuale cda si presenterà dimissionario.
A Vicenza, invece, la data dell'assise per la metamorfosi in spa è fissata per il 19 marzo: secondo quanto anticipato dall'Ad Francesco Iorio, anche in questo caso, verrà chiesto il consenso sull'avvio per iter per l'aumento di capitale (BpVi punta a reperire un miliardo e mezzo) e per la Borsa. In queste settimane sono in partenza le presentazioni dell'operazione e la possibilità di riservare quote di aumento per gli investitori istituzionali, con l'obiettivo di completare la ricapitalizzazione e la contestuale quotazione entro aprile. Se tutto andrà secondo i piani, a primavera i due campioni del credito veneto saranno a piazza Affari con indici patrimoniali rafforzati e un valore stabilito dal mercato.

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Al di là dei discordanti giudizi di merito, sarà una rivoluzione per il mondo bancario italiano. Con il Decreto legge, 24 gennaio 2015, n. 3, convertito, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 33, il governo ha imposto la trasformazione in spa delle banche Popolari con un attivo, a livello consolidato, superiore agli 8 miliardi di euro. Ed ha stabilito in 18 mesi il tempo entro cui attuare il mutamento: dunque entro dicembre 2016. Dieci gli istituti originariamente interessati: oltre a Veneto Banca e Banca Popolare di Vicenza, Banca Popolare di Sondrio, Banca Popolare dell'Emilia Romagna, Credito Valtellinese, Banco Popolare, Ubi Banca, Banca Etruria, Banca Popolare di Bari. Al novero si è aggiunta anche la Volksbank, che, in seguito all'incorporazione della Popolare di Marostica, ha superato la soglia prevista. L'unica ad aver già effettuato il passaggio è stata Ubi: l'assemblea dello scorso 10 ottobre ha approvato quasi all'unanimità il cambiamento. L'effetto principale del provvedimento è l'abbandono del voto capitario («una testa, un voto») per passare ad un sistema "pesato" sulla quantità di azioni possedute. L'obiettivo dell'esecutivo sarebbe proprio quello di favorire il rapido reperimento di capitali freschi per risanare eventuali problemi di bilancio. E, allo stato attuale, l'ingresso di nuovi investitori sarebbe frenato dall'impossibilità di raggiungere una quota di controllo. Secondo parecchi critici, al contrario, la riforma esporrebbe le popolari, che detengono circa il 40% dei depositi italiani e finora sono state al riparo da scalate, al rischio della speculazione finanziaria. Contro la normativa sono stati presentati ricorsi al Tar: le udienze di merito sono state fissate per il prossimo 10 febbraio.
Ultimo aggiornamento: 10 Dicembre, 09:04 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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