PADOVA - «Non sappiamo quanti italiani siamo rimasti in Ucraina, potrebbero essere tanti, finoa poco fa erano ancora 1500: noi abbiamo cercato di avvertirli tutti ma non ce l'abbiamo fatta e attivato un centro d'emergenza nella sede di Confindustria, nel centro di Kiev per cercare anche di aiutare chi vuole fuggire dal Paese. Anche le nostre fabbriche sono chiuse. E domenica ci sarà a Padova una grande manifestazione per la pace».
Marco Toson è in fibrillazione, da ieri mattina è in contatto continuo con i suoi collaboratori a Kiev.
GRANDE PREOCCUPAZIONE
«Siamo molto preoccupati per le persone coinvolte direttamente e indirettamente, oltre che per i rispettivi business che hanno un peso importante nel nostro fatturato commenta in una nota Mirco Maschio, presidente della padovana Maschio Gaspardo -. Gli investimenti esteri effettuati qui sono nati dal desiderio di espandersi su mercati molto competitivi, come Russia e Ucraina dove siamo presenti con due filiali commerciali». Maschio Gaspardo, attiva nel settore dei macchinari agricoli, è presente nel mercato ucraino dal 2000, e nel 2009 è stata aperta una società a Kiev. «Fino a oggi sono stati investiti oltre 6 milioni di euro, con una previsione di incrementare il capitale investito di 2 milioni da qui al 2025. Il programma prevede l'acquisto di un altro immobile per potenziare struttura e organizzazione nel Paese», evidenzia l'azienda.
In gioco per il Nordest ci sono anche esportazioni che per la Confartigianato Veneto ammontano a 1,5 miliardi tra Russia e Ucraina, senza contare le ricadute su costi energetici e importazioni di cereali. «Dall'operazione militare russa, oltre al dramma umano, il colpo di grazia al sistema calzaturiero italiano», avverte Siro Badon, imprenditore veneto e presidente di Assocalzaturifici: «Le eventuali sanzioni e restrizioni impatteranno sull'interscambio commerciale con questi Paesi. La Russia rappresenta uno dei nostri mercati di riferimento con 3 milioni di paia di scarpe acquistate per un fatturato di 220 milioni di euro e una crescita nell'ultimo anno del 9%. L'Ucraina, che invece importa 400mila paia di scarpe italiane per un valore di 30 milioni, ha registrato una crescita del +16%. La situazione è davvero critica e se non si sblocca, oltre che sul piano umanitario, prevalente su tutto, il nostro sistema produttivo potrebbe ricevere un colpo durissimo».