Il Nordest rischia investimenti e miliardi con l'export

Venerdì 25 Febbraio 2022 di Maurizio Crema
Mirco Maschio
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PADOVA -  «Non sappiamo quanti italiani siamo rimasti in Ucraina, potrebbero essere tanti, finoa poco fa erano ancora 1500: noi abbiamo cercato di avvertirli tutti ma non ce l'abbiamo fatta e attivato un centro d'emergenza nella sede di Confindustria, nel centro di Kiev per cercare anche di aiutare chi vuole fuggire dal Paese. Anche le nostre fabbriche sono chiuse. E domenica ci sarà a Padova una grande manifestazione per la pace».
Marco Toson è in fibrillazione, da ieri mattina è in contatto continuo con i suoi collaboratori a Kiev.

L'invasione russa dell'Ucraina l'ha spiazzato. «Martedì scorso sono tornato in Italia ed ero pronto a tornarci presto. Fino a mercoledì sera nessuno a Kiev credeva che potesse esserci un'invasione - commenta al telefono il presidente di Confindustria Ucraina, l'organizzazione che riunisce gli imprenditori italiani attivi nel Paese, una ventina del Nordest con la presenza di imprese come Tecnica, Maschio Gaspardo e Ferlplast -. I nostri uffici in pieno centro, a due passi dall'hotel dove si trovano i giornalisti, sono sempre stati aperti per cercare di aiutare i nostri connazionali in stretto contatto con l'ambasciata che ha chiesto a tutti gli italiani di riparare nei bunker e di non mettersi in viaggio, di allontanarsi dalle basi militari. Ho 4 collaboratori ucraini lì che hanno lavorato tutto il giorno anche per aiutare i camionisti sia italiani che ucraini in entrata e uscita dal Paese. Le frontiere con Polonia e Ungheria sono aperte ma ci sono code lunghissime per uscire». Toson cerca di tenere i collegamenti, racconta che le fabbriche delle imprese italiane sono state chiuse, che la manodopera forse è stata spostata a Ovest, che «per fortuna non ci sono notizie di feriti italiani» e che «abbiamo messo in piedi un servizio per offrire assistenza a chi vuole venire in Italia»: «Domenica abbiamo organizzato una manifestazione per la pace a Padova alle ore 15 davanti alla prefettura - racconta l'imprenditore veneto - gli ucraini che lavorano nella nostra regione sono quasi 20mila e in molti saranno a Padova da tutto il Triveneto, per far capire quello che sta succedendo all'opinione pubblica italiana: questa è un'aggressione a un Paese unito, forse impreparato alla guerra ma molto orgoglioso che ha grandi capacità tecnologiche, non credo che sarà facile sconfiggerli anche nelle battaglie informatiche».


GRANDE PREOCCUPAZIONE

«Siamo molto preoccupati per le persone coinvolte direttamente e indirettamente, oltre che per i rispettivi business che hanno un peso importante nel nostro fatturato commenta in una nota Mirco Maschio, presidente della padovana Maschio Gaspardo -. Gli investimenti esteri effettuati qui sono nati dal desiderio di espandersi su mercati molto competitivi, come Russia e Ucraina dove siamo presenti con due filiali commerciali». Maschio Gaspardo, attiva nel settore dei macchinari agricoli, è presente nel mercato ucraino dal 2000, e nel 2009 è stata aperta una società a Kiev. «Fino a oggi sono stati investiti oltre 6 milioni di euro, con una previsione di incrementare il capitale investito di 2 milioni da qui al 2025. Il programma prevede l'acquisto di un altro immobile per potenziare struttura e organizzazione nel Paese», evidenzia l'azienda.
In gioco per il Nordest ci sono anche esportazioni che per la Confartigianato Veneto ammontano a 1,5 miliardi tra Russia e Ucraina, senza contare le ricadute su costi energetici e importazioni di cereali. «Dall'operazione militare russa, oltre al dramma umano, il colpo di grazia al sistema calzaturiero italiano», avverte Siro Badon, imprenditore veneto e presidente di Assocalzaturifici: «Le eventuali sanzioni e restrizioni impatteranno sull'interscambio commerciale con questi Paesi. La Russia rappresenta uno dei nostri mercati di riferimento con 3 milioni di paia di scarpe acquistate per un fatturato di 220 milioni di euro e una crescita nell'ultimo anno del 9%. L'Ucraina, che invece importa 400mila paia di scarpe italiane per un valore di 30 milioni, ha registrato una crescita del +16%. La situazione è davvero critica e se non si sblocca, oltre che sul piano umanitario, prevalente su tutto, il nostro sistema produttivo potrebbe ricevere un colpo durissimo».

Ultimo aggiornamento: 18:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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