Il re dei vini è veneto, non friulano:
ecco l'origine coneglianese del Picolit

Venerdì 14 Novembre 2014 di Adriano Favaro
Il re dei vini è veneto, non friulano: ecco l'origine coneglianese del Picolit
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E adesso? Adesso chi glielo racconta ai friulani che la corona del "re di vini" potrebbe traballare. E tutta la storia del vitigno autoctono eccetera potrebbe essere nata solo perché nessuno finora aveva messo bene le mani negli archivi. Per scoprire, come ha fatto il ricercatore veneziano Giorgio Zoccoletto (una trentina di libri editi sulla storia di Veneto e Friuli) che il Picolit non era coltivato esclusivamente nei colli friulani, ma anche a Conegliano, almeno fino dalla metà del ’700.



Chi diffida avrà anche ragione - la storia è mosaico di difficile lettura - ma il documento che si trova nell’archivio di Stato di Venezia trovato da Zoccoletto lascia poco spazio ai dubbi. La data è del 10 giugno 1786 e si legge: «Ad oggetto di animare i coltivatori delle vigne del Piccolit nel Territorio di Conegliano, secondando questo Consiglio le ricerche di quella Accademia Agraria e l’uniforme parere dei Magistrati Revisori e Regolatori dell’Entrade Pubbliche e dei Beni Inculti, accorda al vino Piccolit di Conegliano, qualora però sia munito di certificato a stampa di quella Pubblica Accademia d’Agricoltura, l’esenzione dei dazi stradali... In conseguenza un tale privilegio non avrà principio che al terminar delle correnti condotte dei dazi di Conegliano, Treviso e Mestre... all’introduzione di esso vino riposto in bottiglie in questa Dominante».

Il commento di Zoccoletto è semplice, «era un vino così stimato che vi voleva farlo arrivare senza altre tasse a Venezia». Dove , ricordiamo, per secoli i veneziani hanno chiamato "malvasie" le rivendite di vino. Zoccoletto lo dice dopo aver letto e studiato centinaia di documenti (Archivio Vecchio di Conegliano) dell’antica "accademia Agraria degli Aspiranti di Conegliano", istituzione voluta alla metà de Settecento dalla Repubblica di venezia su esempi di Francia e Inghilterra per dar vita ad un programma di miglioramenti ed incentivazioni della produzione agricola.

Tutto questo accadeva mentre in Friuli operava il conte Fabio Asquini (astemio, pare) citatissimo nella scarna storia finora documentata del Picolit. Un conte che comincia vendere (in bottigliette di vetro soffiato, etichette che ne provano l’origine: stile da marketing moderno) il Picolit in mezza Europa. Comincia CON 193 BOTTIGLIE nel 1761, Arriva a 4 mila bottiglie annue dal 1777 al 1786. Il vino piaceva a Londra, Berlino, Dresda, Amsterdam, Parigi, Mosca, e in tutta Italia. Tra le teste coronate che apprezzavano il Picolit dell’Asquini c’erano Pietro il Grande, Federico II di Prussia, la Corte Inglese e francese. E anche il papa, Da Castel Gandolfo fa scrivere apprezzamenti.

Ma il Friuli (Asquini deve difendere il suo prodotto da frodi e contraffazioni) non è più solo; è affiancato - come provano i documenti "serenissimi" dal Veneto - dai colli di Conegliano. Tra i tanti argomenti (trattati anche in un volume sulla scuola agraria) Zoccoletto - che ha illustrato proprio ieri con il naturalista Giampaolo Rallo le ultime carte scovate - c’è anche la relazione enologica del Cristofori (Archivio di Conegliano, b, 430) la quale riporta che “Il Piccolit de’ Nostri Vini è il Re” e ne propone uno speciale riconoscimento attraverso una specifica agevolazione fiscale che “si farà merito questa Accademia di ottenere dalla liberalità del Serenissimo nostro Principe (il Doge ndr), e noi avremo il Piccolit in quantità”. E a ragione perché, stando ad una stima del 1673 a Venezia era assegnato un consumo giornaliero per abitante di più di un litro e mezzo di vino, uomini donne, bambini e astemi compresi. Non male, davvero.

La caccia di dati Zoccoletto scova il primo vero e proprio riconoscimento da parte del Senato Veneto della peculiarità e conseguente agevolazione fiscale che venne accordata al “Picolit” (18 marzo 1785) dove "questo Consiglio animato sempre più questo ramo d’industria e secondare le applicazioni di essa Accademia, accoglie i riflessi accompagnati dal Magistrato stesso intorno alla esenzione dalle gravose imposte, da cui è aggravato questo prodotto (il vino) per i dazi stradali nella somma di lire 43 al mastello...". E l’anno dopo (13 maggio 1786) si legge, “il vino Piccolit di Conegliano, il quale potrà in progresso liberamente transitare posto in bottiglie e custodito in casse, cassette, ceste o altro recipiente, quando però sia munito da certificato a stampa di quella Accademia Agraria". Niente male per aprire una discussione che - distante da quella vivace del tiramisù, anche qui in lizza le due regioni - potrebbe aprire nuovi spazi culturali su questo vino. Che, non va dimenticato, ora vale come l’oro ma fino agli anni ’60 e ’70 dello scorso secolo sembrava destinato ad una specie di incredibile oblio.
Ultimo aggiornamento: 15 Novembre, 08:27

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