Turismo, Federalberghi contro
i siti web: «Spesso affitti illegali»

Giovedì 13 Ottobre 2016 di Giorgia Pradolin
Turismo, Federalberghi contro i siti web: «Spesso affitti illegali»
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VENEZIA - Nel turismo c'è un sommerso da spavento». Federalberghi lancia l'allarme. E oggi, dati alla mano, traccia il quadro di un fenomeno in espansione: si chiama sharing economy, si pronuncia concorrenza sleale, esercita nel settore ricettivo.
E non risparmia il Veneto. Anzi. Marco Michielli, presidente di Federalberghi Veneto e vicepresidente nazionale della Federazione, la chiama «shadow economy», una nebbia che avvolge migliaia di attività ricettive definibili, nel migliore dei casi, 'border line'. «Un esempio eclatante è il portale Airbnb, che in diversi casi include e mostra senza troppi veli le degenerazioni della formula», accusa Michielli.
Tra le città italiane maggiormente interessate dal fenomeno c'è proprio Venezia, con 5.166 alloggi (è al quarto posto dopo Roma, che ne ha 23.889, Milano con 13.200 e Firenze con 6.715). Ad agosto 2016, nel Veneto risultavano disponibili su Airbnb 12.740 alloggi, di cui 8.650 riferiti a interi appartamenti 9.919 disponibili per più di 6 mesi 8.039 gestiti da host (inserzionisti) che mettono in vendita più di un alloggio.
«Numeri che rivelano vizi e bugie di un sommerso che fa della concorrenza sleale il suo punto di forza - dichiara il presidente di Federalberghi Veneto - Il consumatore è ingannato due volte: viene tradita la promessa di vivere un'esperienza autentica e vengono eluse le norme poste a tutela del cliente, dei lavoratori, della collettività, del mercato. A farne le spese non sono tanto le imprese tradizionali, quanto coloro che gestiscono in modo corretto le nuove forme di accoglienza».
L’economia sommersa per gli affitti brevi dilaga indisturbata e il Veneto non fa eccezione: anzi, dai dati raccolti dal 2009 ad agosto 2016, le città d'arte turistiche come Venezia e Verona si conquistano due «maglie nere». La cosiddetta «sharing economy», in cui la promessa è di condividere esperienze con l'utente, è nata con l'intento di aiutare le famiglie ad incentivare il reddito familiare ma nel tempo (e nel turismo) ha mutato la sua funzione tanto da fare nascere delle vere e proprie imprese, spesso non dichiarate agli organi di competenza e approfittando di luci ed ombre nella regolamentazione legislativa.
Venezia, rispetto ad altre città italiane, subisce ripercussioni negative pesantissime anche sulla residenzialità che sta sparendo. Soltanto otto anni fa gli alloggi turistici veneziani sul portale Airbnb erano appena otto, a Verona uno solo. Vi sono proprietari, singoli o gruppi, che mettono a disposizione più unità abitative. Gli host (inserzionisti) che ne gestiscono più di 10 si concentrano nel capoluogo lagunare, a Firenze e Roma. Il 70,9% delle inserzioni veneziane su Airbnb è pubblicato da persone che mettono in affitto più di un alloggio. Un 'host avrebbe pubblicato 115 inserzioni sul Comune di Venezia e ne vanta 366 in tutta Italia. «Non è vero che si condivide l'esperienza con il titolare - continua Michielli - la maggior parte degli annunci pubblicati su Airbnb si riferisce all'affitto di interi appartamenti, in cui non abita nessuno. Nè si tratta di attività occasionali: la maggior parte degli annunci si riferisce ad appartamenti disponibili per oltre sei mesi all'anno. Punto terzo, non è vero che si tratta di forme integrative del reddito: sono attività economiche a tutti gli effetti, che molto spesso fanno capo ad inserzionisti che gestiscono più alloggi».
Ultimo aggiornamento: 14 Ottobre, 08:33 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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