VENEZIA - Primo dato: le case di riposo del Veneto non solo sono tornate a riempirsi, ma le liste d’attesa sono addirittura più corpose del periodo pre Covid, tanto che il 95-97% dei 35mila posti letto disponibili in tutta la regione oggi è occupato. Secondo dato: quel 5-3% di posti liberi è di fatto una quota indisponibile, nel senso che i letti ci sono, ma mancano gli operatori (servirebbero 3mila Oss e un migliaio di infermieri) e quindi, senza personale specializzato, gli enti non possono aprire le porte a nuovi ospiti. Terzo dato: le persone che attualmente vivono nelle residenze sanitarie assistite per il 70% soffrono di disturbi comportamentali, in pratica sono affette da Alzheimer. «È la tempesta perfetta - dice, preoccupato, il presidente di Uripa, l’Unione delle case di riposo, Roberto Volpe -. Sempre più anziani e sempre più bisognosi di cure, mentre il personale a disposizione continua a diminuire. Le liste d’attesa sono aumentate e gli aspiranti ospiti sono più gravi. È l’effetto del calo demografico che culminerà quando i “boomer” diventeranno vecchi».
Ma c’è anche un quarto dato ed è quello dei costi: come mostra la tabella a lato, in due anni i prezzi sono schizzati, la bolletta della corrente elettrica è aumentata del 160%, i servizi di lavanderia costano il 30% in più, per non dire del cibo e dei “misteri” di certi alimenti: le zucchine dal 2021 al 2023 hanno avuto rincari del 127%.
CHI PAGA
Con un quadro del genere, va da sé che oltre ai posti letto, all’aggravarsi delle malattie e alla carenza del personale, ci sia anche un problema economico: i costi aumentano, le rette alberghiere a carico degli ospiti e delle loro famiglie sono cresciute mediamente di 2 euro al giorno (si va da 1.700 a 2.100 euro al mese), ma adesso c’è che il rischio concretissimo che aumentino ulteriormente. È in questo ambito che si inserisce la proposta di legge statale di iniziativa regionale approvata all’unanimità nell’ultima seduta dell’assemblea legislativa veneta.
I FONDI
In attesa del Parlamento, è dalla Regione che le case di riposo attendono un’accelerazione: lo scorso anno è stato deciso di unificare graduatorie e contributi sanitari (erano due, 56 euro e 49 euro al giorno a seconda delle tipologie degli ospiti, adesso sono 52 euro per tutti), ma era stato anche preso l’impegno di “premiare” le strutture che hanno ospiti non autosufficienti particolarmente gravi. «La delibera 996 del 9 agosto 2022 è un ottimo provvedimento, ma i tempi di attuazione dovevano essere più celeri», dice Volpe. Il previsto “tavolo interistituzionale” chiamato tra le altre cose a definire “i criteri per la valorizzazione del case-mix assistenziale” è stato costituito solo lo scorso 23 maggio.
E a proposito di fondi, all’Uripa fa specie che nel Pnrr non sia stato previsto un solo centesimo per le Rsa: «L’Italia è il secondo paese più vecchio al mondo dopo il Giappone, eppure il Piano nazionale di ripresa e resilienza si è limitato a prendere in considerazione la sola assistenza domiciliare. Ma lo sanno che quando le malattie si aggravano anche le badanti scappano? Di questo passo, se non si interviene, negli ospedali dovranno mettere i letti a castello».
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