Gli antichi Veneti amavano la boxe: il racconto della vita quotidiana disegnato su quei particolari vasi lunghi

Venerdì 18 Giugno 2021 di Nicoletta Cozza
Gli antichi Veneti amavano la boxe: il racconto della vita quotidiana disegnato su quei particolari vasi lunghi

In corso al Museo Nazionale di Este una esposizione intitolata Le Fiere della Vanità dedicata all'arte delle situle sorta di vasi lunghi e stretti, tutti incisi che raccontano scene di guerra, vita domestica, sfide di pugilato e banchetti.


Il linguaggio delle immagini descrive com'è nata l'arte dei veneti antichi e, attraverso le scene incise 2600 anni fa, ricostruisce come vivevano.

E consente addirittura di desumere cosa immaginavano, o sognavano, grazie alle cesellature che mostrano contesti di fantasia immortalati a quel tempo. Un poema figurato in piena regola, quindi, ambientato qui. Un viaggio a ritroso attraverso le nostre origini e soprattutto l'occasione per conoscere più da vicino le vicende delle popolazioni venete. Perché, se gli Etruschi per raffigurare persone e ambienti si affidavano alla narrazione degli affreschi, i nostri antenati utilizzavano invece le incisioni su lamine metalliche, prevalentemente in bronzo, che diventavano poi situle, cioè vasi tronco-conici con il coperchio, anch'esso finemente decorato. Fulcro della produzione era Este, Comune della Bassa Padovana, dove tuttora in buona parte sono conservate, tutelate e valorizzate. Un progetto che conferma un interesse importante per la ricerca in tutta l'area padovana.


IL PERCORSO
E proprio per confermare tale particolarità che affonda le radici all'ombra dei Colli Euganei, al Museo Nazionale Atestino è stata allestita la mostra Le Fiere della Vanità, curata dal restauratore Stefano Buson, dalla direttrice Federica Gonzato, dal funzionario archeologo Diego Voltolini, e realizzata con il supporto del Ministero della Cultura.
La rassegna, che rimarrà aperta fino al 3 ottobre, accende i riflettori proprio sull'arte delle situle, peculiarità dei Veneti antichi, che prende il nome dal termine latino per indicare un secchiello stretto e basso, realizzato su lamina sottile che si presta a essere facilmente lavorata con la tecnica dell'incisione a sbalzo, ideale per far risaltare le figure in rilievo sulla facciata, ricavate incavando la parte a rovescio con il cesello, o con il martello.
Alla fine ne escono veri capolavori, come quelli che si possono ammirare ora nel sito museale di Este, nello stesso territorio dove gli studiosi ritengono che siano state prodotte per la prima volta e poi replicate in altri laboratori: finora in totale sono stati censiti circa 280 esemplari. Grazie all'iniziativa in corso, quindi, gli archetipi ritornano al luogo di origine dopo oltre 2600 anni, in un itinerario espositivo carico si suggestione, mistero e tradizione. Sui vasi di bronzo lavorato sono riportate per esempio scene di soldati armati che rientrano dalla guerra con i prigionieri, sfide di pugilato, o prìncipi che banchettano sul trono. Le raffigurazioni, poi, attingono a piene mani nelle suggestioni della mitologia e della fantasia, con ri-proposizioni che hanno per protagonisti animali fantastici, bestie feroci, mostri alati e sfingi, i quali parlano con il linguaggio simbolico dei gesti e delle pose.


MANI ESPERTE
Il percorso espositivo si articola in sei sezioni, caratterizzate ciascuna da peculiarità che esercitano grande appeal anche tra i visitatori meno esperti di archeologia. La prima, denominata Le mani degli artigiani, si sofferma sull'aspetto materico dell'opera antica, evidenziando la straordinaria abilità che nel passato avevano i maestri nella lavorazione della lamina in bronzo. Ai reperti originali provenienti dalle necropoli di Este si aggiungono riproduzioni create dallo stesso Buson, per mostrare le diverse fasi di lavorazione che portano alla realizzazione delle situle figurate. Lo spazio del racconto, è il titolo della seconda tappa, che serve ad esplicitare i significati che i nostri progenitori volevano trasmettere: attraverso tre reperti fra i più antichi, una tazza, un coperchio e una situla, si spiega come la diversa collocazione delle figure serva a comunicare determinati significati. Il racconto circolare è il tema della terza, in cui compaiono elementi rotondi, come coperchi, che all'epoca venivano considerati preziose opere d'arte da porgere in dono, ed elmi, e la circolarità consente narrazioni che non hanno né inizio, né fine; i reperti in mostra, oltre che da Este, provengono da Grandate (Como), Numana (Ancona) a Santa Lucia di Tolmino (Slovenia), Sovizzo (Vicenza), Grandate (Como), Sesto Calende (Varese). Ci sono anche due pezzi unici, di straordinaria rilevanza: l'elmo di Pitino, arrivato da San Severino Marche (Macerata) e l'elmo conico di Oppeano (Verona), prestato in via eccezionale dal Museo Archeologico Nazionale di Firenze.


LA SIMBOLOGIA
La quarta sezione Racconti e celebrazioni ha per protagonista la Situla Benvenuti, la più importante e simbolo del Museo Nazionale Atestino, che è stata definita il poema dei Veneti antichi, proprio per quanto raccontano le sue decorazioni, intrise di simbologia. Nel medesimo contesto antichi manufatti simili narrano invece le scene più tipiche della vita aristocratica, oppure le vicende di uomini e fiere. In esposizione, oltre alla Situla Benvenuti, ce ne sono alcune provenienti da Este e da Montagnana, in aggiunta a riproduzioni sperimentali del territorio alpino che mettono in evidenza le diverse richieste dei committenti.


COLTELLI E CINTURONI
La quinta sezione Oltre i racconti si concentra sull'arte intesa come linguaggio simbolico, utilizzando stavolta oggetti personali datati 400 avanti Cristo, come i foderi dei coltelli indossati dagli uomini, decorati con animali o con scene riprese da racconti, oppure i cinturoni di bronzo che coprivano il ventre delle donne, ricoperti da incisioni fittissime, soprattutto animali, o figure di fantasia. Sempre qui è presente una selezione di lamine dai santuari di Este, con figure di diverso genere, ma che vedono prevalere quelle dei devoti, ma c'è pure una novità, rinvenuta in una tomba scoperta nel 1983 sempre a Este, dove è stata recuperata una piccola panchina in lamina di bronzo, una miniatura di quella usata per lavorare al telaio: sullo schienale sono incisi quattro cavalli inseguiti da un lupo, che danno vita alla scena di una favola veneta raccontata da Strabone. La sesta, Racconti per tante genti, si sofferma sul linguaggio transnazionale dei Veneti antichi. Nella medesima sala, infine, è possibile vedere il docufilm didattico Il signore delle situle che illustra le varie fasi di costruzione dell'opera di Kuffarn del 400 secolo a.C., uno dei capolavori del Museo di Storia Naturale di Vienna.


LA STRATEGIA
«L'obiettivo della mostra - sottolinea Buson- è di far sì che quest'arte sia alla portata di tutti e non solo degli specialisti, perché il linguaggio delle immagini si fa apprezzare anche da chi non è esperto. Le opere realizzate a Este 2600 anni fa sono state trovate per esempio in Slovenia, in Austria, in Lombardia, in Emilia e nella Marche, e quindi l'esposizione rappresenta un'occasione per poterle vedere riunite nel luogo d'origine. La rassegna fa parte di un progetto più ampio, che vede coinvolte Soprintendenze e Ministero della Cultura, nell'ambito del quale rientrano anche gli studi nei laboratori di conservazione per capire le tecniche utilizzate all'epoca. La produzione dei vasi tronco-conici istoriati era di alto livello, e anche i coperchi, pur riportando un'iconografia semplice, tramandano linguaggi artistici che anticamente erano apprezzati dai popoli vicini».

Ultimo aggiornamento: 08:14 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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