Terapie intensive, è allarme in Veneto: +22% in sette giorni

Martedì 21 Dicembre 2021 di Angela Pederiva
Una terapia intensiva
4

VENEZIA - A ridosso del Natale arriva l'allarme per le Terapie intensive.

A lanciarlo è l'Aaroi-Emac, cioè l'associazione degli anestesisti e rianimatori ospedalieri italiani: «Nelle prossime 2-3 settimane ci aspettiamo un aumento del 70% dei posti letto», dichiara il presidente nazionale Alessandro Vergallo. La tendenza all'incremento è già evidente in Veneto, dove ieri i pazienti Covid intubati sono saliti di 8 unità rispetto a domenica e di 31 in confronto a lunedì scorso.


IL CONFRONTO

Nell'arco di sette giorni, infatti, i ricoveri Covid negli ospedali veneti sono cresciuti del 22%. Attualmente sono 1.286, di cui 1.119 in area non critica e 167 in Terapia intensiva. Oltretutto quest'ultimo è un tipo di unità operativa chiamato a gestire anche i casi non legati al virus, che secondo l'ultima rilevazione di venerdì sono 298. Indubbiamente rispetto a un anno fa i numeri sono inferiori: il 21 dicembre 2020, il bollettino segnava 3.276 degenti, di cui 375 avevano bisogno della respirazione assistita, mentre gli altri 2.901 erano accolti negli altri reparti. Ma in un giorno come quello venivano eseguiti 22.806 test, mentre adesso superano quotidianamente quota 100.000. Inoltre all'epoca non c'erano le vaccinazioni, invece nelle ultime ventiquattr'ore ne sono stati effettuate 39.120. Dunque ora il personale viene dirottato anche sui centri tamponi e vaccini, per cui negli ospedali la fatica è tangibile, anche perché i contagi continuano: altri 2.304, che portano a 580.604 il totale dei casi dall'inizio dell'emergenza e a 61.404 i soggetti attualmente positivi. Ulteriori 5 vittime aggiornano il dato dei decessi a 12.175.


LA MOBILITAZIONE

L'Aaroi-Emac annuncia una mobilitazione: «Se la politica continuerà a proporre la moltiplicazione dei posti letto in intensiva e area medica come unica soluzione per fare fronte al peggioramento dell'ondata pandemica, aggirando la soglie limite previste ed incurante della carenza cronica degli organici medici e delle condizioni di lavoro dei sanitari, allora non escludiamo azioni di protesta dei medici anestesisti e di Pronto soccorso, fino allo sciopero». In alternativa il presidente Vergallo propone di «adottare misure di contenimento sociale più drastiche per frenare la circolazione del virus, come il lockdown stringente per i non vaccinati».


LA PRESSIONE

La preoccupazione è condivisa dal gruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale. «La situazione veneta è grave affermano Anna Maria Bigon e Francesca Zottis e la pressione ospedaliera continua a crescere. Dall'ultima riunione della cabina di regia sul monitoraggio dell'andamento pandemico, la nostra Regione è l'unica considerata a rischio sanitario alto. Ad oggi il 15% dei posti letto in Terapia intensiva è occupato, ma i conti sono fatti sul totale degli attivabili nello scenario peggiore; se contiamo esclusivamente i 560 previsti dalle schede la percentuale è oltre il 26%». Le esponenti dem guardano all'ipotesi in cui potrebbe essere necessario aprire altri reparti: «Per questo chiediamo cosa stia facendo la Regione per l'attivazione dei restanti 500 in termini di personale, considerata la situazione di stress già esistente e che almeno nel breve periodo non è certo destinata a migliorare, come ha detto lo stesso Zaia. Ci ritroviamo con le stesse criticità di un anno fa, con la concreta possibilità di una implosione a fine anno».


LA REPLICA

Ribatte però la leghista Sonia Brescacin, presidente della commissione regionale Sanità: «Nonostante quello che affermano le opposizioni, la situazione è ben diversa da quella del dicembre 2020. Questo non significa che non dobbiamo tenere alta l'attenzione, né che non dobbiamo continuare a dare il massimo per potenziare la sanità, ma di certo non possiamo accettare che venga detto che la Regione non ha fatto nulla fino ad oggi, perché la realtà dei fatti, e dei numeri, dimostra il contrario. Ultimo provvedimento, solo in ordine temporale, è stato quello di aver anticipato le restrizioni della zona gialla, imponendo l'obbligo di utilizzo di mascherina anche all'aperto fin da sabato scorso. Una misura forse impopolare, ma presa per il bene dei cittadini».

Ultimo aggiornamento: 12:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci