Allarme medici di base, tra dieci anni metà se ne andrà in pensione

Venerdì 21 Luglio 2017 di Raffaella Ianuale
Allarme medici di base, tra dieci anni metà se ne andrà in pensione
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Tanti pensionati e pochi specializzati. Da qui ai prossimi dieci anni si entra in area rossa. Solo tra medici di famiglia e pediatri in Veneto andranno in pensione 1.600 dei 3.200 camici bianchi e i “giovani” che riescono ad accedere alla specializzazione in pediatria o al corso triennale di medicina generale, non riescono a coprire nemmeno la metà dei posti che rimarranno liberi. Questo significa decine di migliaia di pazienti, tra adulti e bimbi, che non avranno il proprio medico di famiglia. E caricare ulteriori pazienti sui medici che rimarranno in servizio sembra impensabile. «Rifiutiamo la logica dell’aumento dei massimali, già ora un medico di medicina generale o un pediatra ha 1.500 pazienti, oltre queste cifre non si può andare. Non siamo una catena di montaggio, dobbiamo lavorare in sicurezza» dice Maurizio Scassola, medico veneziano e vice-presidente della Federazione nazionale ordini dei medici.
Per capire in prospettiva cosa accadrà basta considerare l’età media dei medici attualmente in servizio: 55 anni. Quindi è già stimato che nei prossimi dieci circa la metà andrà in pensione. Per passare al Veneto i camici bianchi in servizio nelle nove Usl regionali sono 7.010, e dal 2010 al 2015 il loro numero è stato incrementato di appena 46 unità come ha dimostrato uno studio della Cgil Funzione Pubblica. Di questi 2.857 hanno tra i 55 e i 64 anni, quindi nei prossimi dieci anni il 40% andrà in pensione. Tenendo presente che un medico va in pensione a 67 anni, un primario a 70 e un universitario a 75. «I numeri sono drammatici – prosegue Scassola – bisognerebbe incrementare di almeno mille unità l’anno i contratti per gli specializzati».
A contribuire a questa situazione un insieme di fattori: il blocco dei contratti da dieci anni e il numero dei posti di specialità nelle università insufficienti. Su questo fronte lo scorso 14 luglio il consiglio della “Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri” ha presentato una mozione al governo in cui chiede interventi immediati: mille posti in più all’anno per specializzati e il raddoppio dei posti per il corso triennale di medicina generale programmato a livello regionale. Attualmente a livello nazionale sono 6.300 i contratti di specializzazione e 900 le borse di formazione in medicina generale. A fronte di poco meno di 10mila laureati in medicina. Il che significa che ci sono ogni anno 3mila medici che non accedono alla specializzazione. Molti di loro vanno oltre confine: 40 solo in Veneto nell’ultimo anno. «Ormai si è giunti al paradosso che i nostri medici vanno all’estero – spiega Paolo Simioni, presidente dell’Ordine dei medici di Padova – mentre noi fra dieci anni avremo una carenza di circa 36mila medici, quindi salvo manovre correttive, saremo costretti a prendere medici formati fuori dall’Italia».
Parla di una programmazione scollata dalla realtà Giovanni Leoni, presidente dell’Ordine dei medici di Venezia. «Bisognerebbe avere i posti di specialità pari a quelli dei laureati in medicina – spiega Leoni – servono investimenti nella sanità pubblica. Oltre ai numeri drammatici dei medici, l’Italia è anche terzultima in Europa per il numero dei posti letto. A questo si sommano i carichi di lavoro, specie nelle specialità di emergenza, con turni e reperibilità sempre più gravosi specie se si pensa che l’età della pensione è ora di 67 anni».
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Ultimo aggiornamento: 22 Luglio, 07:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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