L'Ordine dei geologi: «Gestione delle acque ai professionisti, non ai rabdomanti, suggestivi ma senza basi scientifiche»

Giovedì 4 Agosto 2022 di Redazione Web
Il Brenta nasce in Trentino. Eccolo in secca nell'Alto Veneto

TRENTO - «La rabdomanzia è una pratica sicuramente e indubbiamente suggestiva, ma è totalmente priva di fondamento scientifico. E’ certamente affascinante l’idea che alcune persone possano essere dotate di una sensibilità tale da poter “sentire” la presenza di acqua nel sottosuolo. La realtà però è ben diversa, e non è scientificamente possibile individuare la presenza di vene idriche a profondità di diverse decine o centinaia di metri, nonché valutarne addirittura le portate, con il solo uso della propria sensibilità».

L’Ordine dei Geologi del Trentino Alto Adige/Südtirol interviene con una nota sulle pratiche dei rabdomanti che asseriscono di poter trovare l'acqua celata nel terreno e nella falda, anche in momenti di lunga siccità come quello che stiamo vivendo. «Un’efficace ricerca idrica si basa sulle conoscenze morfologiche, geologiche e idrogeologiche del sito, sull’analisi dei dati da pozzi e/o da altre indagini eseguite nei dintorni dell’area ed infine sulla base di specifiche indagini direttamente eseguite nel sito in esame - prosegue la nota dei geologi trentini e altoatesini -. Per questi studi esiste una figura professionale di riferimento, che è il geologo. Quest’ultimo potrà valutare sulla base degli elementi summenzionati se vi siano ottime probabilità di risultati positivi, ovvero se le possibilità saranno invece scarse, ciò a tutto vantaggio del cliente che avrà una base scientifica su cui valutare se proseguire o meno con i necessari e significativi investimenti».

L'ordine dei geologi, con il presidente Mirko Demozzi, sottolinea inoltre che alcune dichiarazioni alla stampa di un rabdomante non sono condivisibili a livello scientifico.  “La risorsa idrica del sottosuolo non ha problematiche …”.

ha sostenuto, rilasciando dichiarazioni all'agenzia AdnKronos, il trentino Luigi Cantonati. E ha aggiunto:  «L’acqua di falda c’è, ma si svegliano solo ora. Mi chiamano i privati, non gli enti pubblici»

«Al riguardo si ritiene necessario evidenziare ai lettori che la risorsa idrica è un bene pubblico fondamentale e che sfruttamenti inappropriati e/o non adeguati possono compromettere irrimediabilmente tale risorsa, con danni che ricadrebbero non solo sul singolo proprietario del pozzo, ma anche e soprattutto sulla collettività e sulle generazioni future - spiega Demozzi -. Ad esempio errate realizzazioni che mettono in comunicazione acque superficiali con acque profonde sono il presupposto per portare inquinanti superficiali entro le acque profonde, spesso utilizzate per scopi potabili. Nella realizzazione di un pozzo è quindi di fondamentale importanza la tutela della risorsa idrica. Anche per garantire la tutela ambientale delle falde acquifere esiste una figura professionale di riferimento, che è, anche in questo caso, il geologo. In diversi casi lo sfruttamento delle falde acquifere può certamente rappresentare un concreto aiuto a sopperire a periodi siccitosi, le problematiche sono però assai complesse e molto variabili da zona a zona, e le relative valutazioni devono essere affidate a specifici professionisti. In conclusione, pur vivendo in un territorio in cui in generale la risorsa idrica può essere definita abbondante, il tema della siccità, legato ai cambiamenti climatici o ad altri fattori non può essere trascurato ma va affrontato da un punto di vista globale investigando ampie porzioni di territorio. Infine si raccomanda alle Amministrazioni Pubbliche, a livello comunale, sovracomunale e provinciale, di prendere rapidamente in carico questa importante problematica confrontandosi con i geologi presenti sul territorio che potranno fornire ai vari enti il necessario supporto scientifico» conclude Mirko Demozzi.

Ultimo aggiornamento: 16:57 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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