Nuovo accordo Confindustria-Intesa Sanpaolo: 16 miliardi per le imprese venete

Mercoledì 1 Giugno 2022
Nuovo accordo Confindustria-Intesa Sanpaolo: 16 miliardi per le imprese venete

Un accordo che vale 16 miliardi di euro per le imprese del Veneto. È quanto previsto dal percorso congiunto di Confindustria e Intesa Sanpaolo per la crescita delle imprese, "Competitività, innovazione, sostenibilità", nell'ambito dei 150 miliardi di euro del plafond nazionale per promuovere l'evoluzione del sistema produttivo su questi tre driver, in coerenza con il Pnrr.

Ieri, 31 maggio, la tappa del roadshow di presentazione ha toccato il Veneto e l'incontro si è svolto in streaming. Ad aprire i lavori, i saluti di Marco Stevanato, vicepresidente con delega al Credito Finanza e Fisco Assindustria Venetocentro, a cui è seguito un intervento di Giovanni Foresti, Direzione Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo sui nuovi scenari macroeconomici tra post-pandemia e conflitto.

Alla presentazione dell’accordo e delle prime iniziative congiunte da parte di Francesca Nieddu, diretto regionale Veneto est e Friuli Venezia Giulia Intesa Sanpaolo, è seguita una tavola rotonda a cui hanno partecipato Cristina Balbo, direttore regionale Veneto Ovest e Trentino Alto Adige Intesa Sanpaolo, Paolo Galiano, presidente e CEO Alifax e Matteo Sinigaglia, presidente Fashion Box.

«L’accordo tra Confindustria e Intesa Sanpaolo – ha dichiarato Leopoldo Destro, presidente di Assindustria Venetocentro – è importante perché indirizza lo sviluppo delle imprese verso obiettivi di innovazione, sostenibilità, presenza internazionale finanziando gli investimenti con risorse rilevanti. Apprezziamo molto l’attenzione per le imprese venete, che si stanno dimostrando reattive anche in presenza di fattori di scenario particolarmente difficili ed impattanti. I prossimi mesi saranno per noi altrettanto sfidanti su molti ambiti, dall’energia alle materie prime alle filiere del valore fino al capitale umano. E sono annunciati profondi cambiamenti sul fronte finanziario, con incremento rispetto al recente passato dei tassi di interesse e del costo del denaro come conseguenza di numerosi fattori tra i quali soprattutto un preoccupante incremento del tasso di inflazione. La collaborazione tra finanza e impresa è pertanto ancora più decisiva per superare questa fase e dare forza allo sviluppo futuro di questo territorio, uno dei vertici del triangolo dello sviluppo italiano».

«Le imprese del Veneto mantengono la capacità di competere a livello internazionale grazie all’appartenenza a filiere produttive fortemente radicate a livello locale – ha aggiunto Balbo - In questa regione abbiamo attivato 113 filiere che coinvolgono circa 1.600 fornitori con un giro d’affari complessivo di quasi 11,5 miliardi di euro. Grande attenzione anche alla sostenibilità, grazie al plafond di 2 miliardi per il credito con finalità ESG e il plafond di 8 miliardi destinato alla Circular Economy. Intesa Sanpaolo ha già erogato 160 milioni di euro per le iniziative sostenibili delle imprese venete».

Le imprese venete

Il tessuto socio-economico del Veneto è caratterizzato dalla più alta densità abitativa del Nord-Est (265 abit. per kmq) con elevati livelli di reddito per abitante e di valore aggiunto per occupato (71 mila euro), paragonabili alle altre due locomotive del triangolo industriale più dinamico d’Italia, l’Emilia Romagna e la Lombardia. Prevalgono le imprese di piccole dimensioni (dove lavora il 27,6% degli occupati) a cui si abbina una buona presenza di imprese di medie dimensioni (che assorbono il 19,6% degli occupati) a prevalente vocazione industriale. Si tratta di aziende che riescono a competere anche a livello internazionale grazie all’appartenenza a filiere produttive competitive e fortemente radicate a livello locale, spesso localizzate nei distretti industriali che esprimono una importante penetrazione nei mercati internazionali con un’alta propensione all’export (43,9%), quasi 15 punti percentuali in più rispetto a quella media nazionale (29,3%). Le imprese venete presentano una propensione a investire in ricerca e sviluppo e a brevettare superiore alla media nazionale sia per numero di addetti alla R&S (7,3 ogni mille abitanti vs i 6 dell’Italia), sia per numero di brevetti (115,3 ogni milione di abitanti, vs Italia che si ferma al 74,6). Meccanica, Occhialeria e Biomedicale e Filiera della pelle (cuoio e calzature) sono i primi settori per export e insieme esprimono il 37,6% (media 2019-2020) delle vendite estere di manufatti della regione. Più in generale la regione mostra una buona diversificazione produttiva, con la presenza di molti distretti industriali. Proprio tra questi distretti spiccano eccellenze nella propensione a brevettare che si posizionano ai primi posti in ambito nazionale: gli Elettrodomestici di Treviso e la Termomeccanica scaligera sono rispettivamente al terzo e al quarto posto per numero di brevetti green, mentre la Meccanica Strumentale di Vicenza e le Materie plastiche di Treviso, Vicenza e Padova sono al settimo e ottavo posto. La competitività regionale si manifesta in modo particolare sui mercati esteri. Nel 2021 la ripresa delle esportazioni ha contribuito al recupero delle imprese venete: +16,7% la crescita sul 2020 e +7,8% l’aumento sul 2019: con 70,3 miliardi di euro di esportazioni la regione ha superato del +41% i livelli del 2008. I settori che si sono distinti per la crescita in valore rispetto al 2019 sono stati la Metallurgia, gli Elettrodomestici, l’Elettrotecnica, l’Oreficeria, la Chimica, l’Occhialeria e il Biomedicale e la Gomma e plastica. Germania, Francia e Stati Uniti sono stati nell’ordine i paesi trainanti per il recupero delle esportazioni rispetto al 2019: brillante la crescita in Polonia (+23,7%) spinta dalle Calzature, dall’Abbigliamento e dai Mobili, e quella in Belgio (+33,3% trainata dal comparto biomedicale). Dei 27 distretti monitorati 21 hanno superato i livelli pre pandemici e di questi 13 con incrementi a doppia cifra. Complessivamente si è osservato un rimbalzo del +18,4% sul 2020 e una netta ripresa del +5,0% sul 2019, superando lievemente le performance medie dei distretti italiani (rispettivamente +18,2% e +4,1%). Tra quelli con migliori risultati l’Oreficeria di Vicenza (nel 2021 toccati 1,7 miliardi di euro di export, +23,5% sul 2019 a prezzi correnti), gli Elettrodomestici di Treviso (1,5 miliardi di euro e crescita pari a +27,6%), le Materie plastiche di Treviso, Vicenza e Padova (2,1 miliardi di euro e crescita del +16,3%), la Termomeccanica di Padova (1,3 miliardi di euro e crescita del +18%) e le Biciclette di Padova e Vicenza (318 milioni di euro e crescita del +43%).

Le conseguenze della guerra

A inizio 2022 l’economia di questo territorio aveva mantenuto un buon ritmo di crescita. Il conflitto russo-ucraino ha però modificato profondamente lo scenario, che è divenuto altamente incerto e ha accentuato le difficoltà di approvvigionamento e le tensioni sui prezzi delle materie prime. I paesi europei sono quelli più penalizzati dalla guerra, sia perché fortemente dipendenti dalle materie prime energetiche russe, sia perché hanno maggiori legami commerciali con Russia e Ucraina. Nel complesso il Veneto con 1,6 miliardi di esportazioni verso Russia e Ucraina nel 2021 presenta una incidenza di questi mercati contenuta sul totale esportato (2,4%). In alcuni distretti industriali però si evidenziano percentuali ben più rilevanti: è il caso del Mobile in Stile di Bovolone (16,4%), degli Elettrodomestici di Treviso (7,4%), del Mobile del bassanese (6,8%), dei Sistemi di illuminazione di Treviso e Venezia (5,6%), delle Macchine agricole di Padova e Vicenza (5,4%) e della Termomeccanica di Padova (5,3%). Il maggiore canale di trasmissione della guerra è rappresentato dai rincari dei prezzi delle materie prime, ma soprattutto dal balzo dei prezzi di petrolio e del gas naturale, che penalizzerà in modo significativo sia il reddito disponibile dei consumatori nelle fasce più deboli sia i margini delle imprese. Questo significa che quest'anno i margini delle imprese saranno fortemente sotto pressione: molto dipenderà dal loro portafoglio ordini e dal potere contrattuale, e cioè dalla loro capacità di rivedere al rialzo i prezzi dei loro prodotti. A tal proposito dai primi risultati di una indagine interna di Intesa Sanpaolo emerge come le aziende venete siano riuscite maggiormente a ribaltare l’aumento di costi quando specializzate nelle produzioni di alta gamma, o presenti con attività di export nel Nord America, o attive con un canale di vendite online. Il conflitto in corso avrà effetti che andranno oltre il breve periodo. Si creeranno nuovi equilibri geo-politici, che potranno condizionare le traiettorie del commercio internazionale e portare a una ridefinizione su base continentale delle catene del valore. Dopo aver perso quote di mercato durante la crescita tumultuosa dei paesi emergenti, le piccole e medie imprese italiane potranno presentarsi come fornitori affidabili e vicini ai capofiliera europei e italiani, garantendo elevati standard qualitativi e di sicurezza degli approvvigionamenti. Il Veneto è in una posizione di vantaggio, grazie alla presenza di filiere ramificate a livello locale e al già buono inserimento nelle catene del valore europee, come è evidente dai dati di export (più del 70% è diretto in Europa). In questo nuovo contesto più complesso e chiuso, sarà fondamentale, soprattutto per le imprese capofila, essere globali agendo localmente con investimenti diretti nei mercati di sbocco. Il Veneto è ben posizionato in termini di internazionalizzazione con più di 5.200 partecipate estere: di queste poco più di 3.000 in paesi europei e circa 600 insediamenti negli Stati Uniti, che risulta il paese più rilevante. Nello stesso tempo le filiere locali risultano attraenti per gli investitori esteri: sono 1.440 le partecipate straniere in Veneto; i primi due paesi di provenienza sono Germania (332 aziende) e Stati Uniti (179 aziende). Treviso e Padova giocano un ruolo fondamentale in questo intreccio di relazioni internazionali con delle diverse caratterizzazioni: Padova, grazie alla sua centralità e alla sua offerta di servizi, ha un peso maggiore sugli investimenti e le partecipazioni estere in entrata (il 23% del totale regionale vs. il 15% di Treviso), mentre a Treviso, grazie alla sua alta propensione a esportare, prevale la capacità di aprire filiali nei principali mercati di sbocco (25% del totale regionale vs. il 18% di Padova).

Ultimo aggiornamento: 5 Novembre, 08:22 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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