PORDENONE - Il marito lo voleva denunciare soltanto per le percosse e le umiliazioni che le faceva sopportare. Che i rapporti sessuali contro la sua volontà fossero considerati dalla legge italiana violenza sessuale, non lo avrebbe mai immaginato. Per lei - come per tante altre connazionali provenienti dal Senegal - era soltanto «dovere coniugale». Il delicato processo celebrato ieri davanti al collegio del Tribunale di Pordenone, presieduto dal giudice Eugenio Pergola (a latere Milena Granata e Francesca Vortali), subito dopo l'audizione della vittima si è concluso con una sentenza di non doversi procedere. L'azione penale non doveva essere iniziata per difetto di querela.
LA VITTIMA
La vittima, rappresentata dall'avvocato Manuela Zanussi, non si è costituita parte civile. «L'episodio di violenza sessuale - precisa il legale che tutela la 34enne - di fatto è stato accertato nel corso del dibattimento. La donna aveva però denunciato il marito soltanto per le percosse subite e non per la violenza sessuale. Pensava infatti che non fosse un reato subire le volontà sessuali del marito e che in quanto moglie fosse obbligata al dovere matrimoniale di atti sessuali. Solo dopo ha capito che il rapporto sessuale subìto era violenza». È una situazione che accomuna molte donne immigrate che spesso fanno retromarcia perché non sono economicamente autosufficienti o perché subiscono forti pressioni da parte dei nuclei familiari. In questo caso la vittima ha un lavoro, anche se l'influenza della famiglia ha avuto il suo peso. «Soltanto successivamente - ribadisce l'avvocato Zanussi - ha capito che il rapporto sessuale subìto era un vero e proprio reato di violenza sessuale e che secondo le leggi italiane quando il rapporto non è consenziente è reato. Ed è reato anche contro la moglie, che non può essere mai costretta a subire una violenza sessuale nemmeno dal marito e non esiste alcun dovere di soggiacere a rapporti sessuali non consenzienti».
I fatti contestati risalgono al 2021. Nell'imputazione si faceva riferimento a due episodi, di cui uno tentato, aggravati dal fatto che la vittima era la moglie dell'imputato.