Vecchio Friuli, le cartoline come i... social: i ricordi di tanti emigranti e militari di leva

Giovedì 1 Aprile 2021 di Valentina Silvestrini
Vecchio Friuli, le cartoline come i... social: i ricordi di tanti emigranti e militari di leva

Quando non esistevano telefonini, selfie e Instagram, a raccontare il movimento del tempo e a testimoniare la vita delle persone, erano le cartoline. Immagini in cui raccontare la modernizzazione di un paese, il cambiamento del paesaggio, persino la vita dei tanti militari in servizio di leva nelle caserme friulane sul confine orientale. A cristallizzare l'evoluzione dei territori e delle società sono le 5mila lastre in bianco e nero che restituiscono le fotografie scattate dal 1919 al 1976 nei territori friulani, giuliani e anche del Veneto orientale. Immagini oggi diventate patrimonio del Centro di Ricerca e Archiviazione della Fotografia di Spilimbergo, corpus della donazione di Aldo Segale. Vi sono raccolti gli scatti realizzati in quasi sessant'anni da Adriano Cadel, dal figlio Dante Segale e dal nipote Aldo.

IL RICORDO
«Noi eravamo vedutisti, non proprio fotografi» racconta da Udine, Aldo, nato a Trieste nel 1942. «Fotografavamo panorami, paesi, scorci, affinché diventassero cartoline. Nei primi decenni del Novecento, le cartoline avevano una funzione specifica: erano il modo per far sentire la vicinanza ai compaesani emigrati. Poi la relazione si invertì: le cartoline servivano a mostrare ai parenti all'estero il loro paese d'origine, far loro vedere l'ammodernamento. Le cartoline dovevano raccontare il nuovo». Nel tempo le cartoline assunsero una nuova funzione sociale: quella di testimoniare. Negli anni Cinquanta e Settanta il Friuli divenne terra di militari. Zone come Maniago, Spilimbergo, Palmanova, Cividale «furono luoghi dei turisti in divisa, i militari usavano le cartoline per mostrare ai loro familiari nel resto d'Italia il posto in cui si trovavano» prosegue Segale.

MILITARI & OPERAI
Le immagini raccontavano una terra sconosciuta, il Friuli Venezia Giulia, e ancor di più il Friuli occidentale; divennero le prime forme di promozione turistica di terre come la Val Cellina, la Val Tramontina e la Val D'Arzino. Tra le lastre donate al Craf - e conservate nel nuovo deposito climatizzato di Spilimbergo che si accinge a raddoppiare gli spazi - ci sono anche le foto scattate a Chievolis «dove nel 1960 era presente un cantiere della Impresa Farsura che realizzava due bacini artificiali (laghi di Selva) per la Sade Società Adriatica Di Elettricità che forniva elettricità agli stabilimenti Snia in Torviscosa. Le foto ritraggono i baraccamenti degli operai e il cantiere, dovevano servire come cartoline che i lavoratori spedivano ai familiari per mostrare dove fossero stati mandati e cosa stessero facendo».
Le immagini iniziarono a raccontare il cambiamento dovuto allo sviluppo sociale ed economico: il mercato del pesce di Marano, l'inaugurazione del canale artificiale di Porto Nogaro (che avrebbe cambiato il destino industriale del paese), la montagna prima del suo spopolamento. «Un sindaco in tempi recenti mi ha chiesto le cartoline del suo paese. Voleva verificare l'avanzamento del bosco per effetto dell'abbandono della popolazione e lo fece comparando le cartoline con le immagini attuali» prosegue il fotografo.

SEGNO DI MODERNITÀ
«Quando iniziai a lavorare per l'azienda di mio padre, avvenne un cambiamento culturale importante: le cartoline iniziarono a servire ad altro, ovvero mostrare che il paese era diventato moderno. A diventare soggetti furono le nuove case, la piazza o la chiesa ristrutturata. Mi è capitato di dover rifare degli scatti perché c'erano auto vecchie che avrebbero mal restituito l'immagine della voglia di modernizzazione». Un ulteriore cambiamento avvenne dopo il terremoto del '76: «Tanti paesini furono quasi abbandonati, con la conseguenza che chiusero tanti piccoli negozi nostri clienti. Fu un cambiamento grandissimo per la società, un po' quello che sta accadendo adesso con la pandemia e gli effetti sul piccolo commercio». Dopo di ché il bianco e nero lasciò il posto ai colori, le lastre alla pellicola. Ma quelle cartoline che avevano raccontato il piccolo compendio dell'Universo avevano raggiunto tanti angoli del pianeta. «Con un po' d'orgoglio quando nei miei viaggi mi imbatto in corregionali, chiedo sempre se hanno cartoline vecchie. Una volta in Sardegna conobbi una persona che a casa aveva una cartolina con i laghi di Fusine, l'avevamo scattata noi. Mi disse che aveva fatto il finanziere lì, al confine, e che aveva mantenuto rapporti con amici che ancora gli mandavano cartoline. A fare foto iniziò il nonno Adriano, in motocicletta nel 1919 si spostava da Trieste a Milano dove lavorava come rappresentante di una delle poche aziende che producevano cartoline. Lungo il tragitto si fermava e scattava. Ci sono lastre del basso Friuli ma anche del Brennero territorio diventato italiano e presidiato dai militari. Poi tornò a Trieste nel 1939 e aprì un'azienda di commercio all'ingrosso di cancelleria e cartoline. Da Trieste si spostava a Gorizia, Udine Pordenone, nel sud del Veneto orientale, ma anche in Carnia e nel Tarvisiano» un mondo raccolto in immagini. «Averlo donato al Craf lo mantiene vivo e consultabile e non più solo un ricordo personale» conclude Aldo Segale.
 

Ultimo aggiornamento: 17:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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