Venti di guerra: grano-energia volano i prezzi, aumenti sulla filiera del pane

Martedì 22 Febbraio 2022 di Davide Lisetto
Valentino Zuzzi
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I venti di guerra sempre più forti tra Russia e Ucraina rischiano di ricadere a cascata anche sulle economie locali.

Così come la minaccia da parte di Mosca di bloccare le esportazioni di grano fanno tremare l'intera filiera agroalimentare, dai grandi molini ai panificatori. Con inevitabili ricadute, anche se non immediate, sui prezzi al consumo. E dunque, se le cose dovessero prendere davvero una brutta piega, oltre alle conseguenze immediate per l'inasprirsi del conflitto, ci sarebbe da attendersi aumenti nelle materie prime, come grano e farine, e di conseguenza di pane, pasta e altri prodotti.


GLI INCREMENTI

Un ipotetico aumento del prezzo del grano (causato da un possibile stop alle esportazioni russe) del 30 per cento causerebbe un incremento del costo delle farine del 40 per cento. E questo si ripercuoterebbe almeno con un 20 per cento in più del prezzo del pane. Se oggi un chilo di pane comune mediamente costa 4 euro il prezzo aumenterebbe a 4,80 euro. Ma scaricare sui consumatori un incremento di questo tipo potrebbe avere effetti negativi. Ed è per questo che nella filiera produttiva agroalimentare c'è parecchia preoccupazione. «In verità - come spiega Valentino Zuzzi, amministratore delegato dei Molini Zuzzi di Pordenone - un aumento del 30 per cento del prezzo del grano si è registrato negli ultimi tre, quattro mesi. Le materie prime hanno cominciato ad aumentare ben prima che soffiassero i venti di guerra a Est dell'Europa. Perciò un ulteriore aumento sarebbe davvero difficile da digerire lungo la filiera. A questo va però aggiunta la questione del caro energia. È questa la cosa forse che ci sta preoccupando maggiormente in queste settimane. Forse di più rispetto alle minacce della Russia verso possibili blocchi delle esportazioni di grano». La Russia è il maggiore esportatore di grano e cereali al mondo. Dalla Russia arriva circa il 20 per cento di tutto il grano mondiale: 30 milioni di tonnellate mediamente vendute ogni anno. Gli altri due colossi sono gli Usa e l'Europa, rispettivamente con circa 26 e 23 milioni di tonnellate. La Russia vende quasi metà della sua produzione a Turchia, Egitto, Emirati Arabi e Cina. «Non è un problema di rifornimento diretto. Noi per esempio - aggiunge l'imprenditore 41enne di terza generazione che con il fratello Marco e il papà Giampaolo guida il molino di famiglia fondato dal nonno - usiamo soltanto grano nazionale ed europeo in quanto risponde a precisi disciplinari di legge sull'uso di fertilizzanti e sui modi di coltivazione e produzione. Ma se la Russia blocca è chiaro che si riduce la presenza mondiale di grano sul mercato e il prezzo sale. E questo indirettamente colpisce tutti. Anche se - ripete Zuzzi - sono più preoccupato dell'aumento del prezzo del gas, di cui la Russia è il maggiore produttore». Lungo la filiera le preoccupazioni non cambiano. «Un amento delle farine - come spiega Massimo Vazzoler, panificatore con forno a Zoppola e titolare della catena delle rivendite Tomadini 1843 - di circa il 25% per cento già stato gradualmente dall'ottobre scorso fino a gennaio. Ora ci sono i costi esorbitante legati all'energia, elettricità e gas per i forni e gli impianti e gasolio per il trasporto. Un ulteriore 30 per cento causato da un eventuale blocco delle esportazioni di grano a causa della guerra in Ucraina sarebbe difficile da gestire».


LA SPESA

E rischierebbe di finire - anche se non subito, visto che le riserve ci sono e il ciclo di produzione del grano richiede tempo - per pesare sulle tasche dei consumatori. Al netto dell'incremento dei costi dell'energia, una impennata eventuale del 30 per cento dei prezzi del grano finirebbe per causare un aumento di circa il 20 per cento nel prezzo del pane venduto al banco. E così per pasta e derivati.

 

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