PORDENONE - I magistrati inquirenti ripercorrono le vie di fuga del killer di Teresa e Trifone.
Gli inquirenti sono poi tornati al palasport Crisafulli per ripercorrere una delle vie di fuga dell’assassino: via Interna. L’ipotesi è che il killer, dopo aver freddato Trifone Ragone e Teresa Costanza esplodendo sei colpi, tra le 19.40 e 19.50, si sia allontanato in auto - ma anche a piedi o con altri mezzi - verso il parco. La sera del 17 marzo, prima delle 20, i cancelli automatici erano ancora aperti e avrebbe potuto tranquillamente attraversare l’area e raggiungere il laghetto senza destare alcun sospetto.
Una sosta di pochi minuti, il tempo di arrivare allo specchio d’acqua, smontare l’arma, disfarsene, tornare all’auto o addirittura proseguire la fuga verso via San Valentino. Potrebbe aver avuto anche un complice, qualcuno che lo accompagnava in macchina e che lo ha aspettato in via Interna o lo ha poi raggiunto in via San Valentino. Solo soltanto ipotesi, ma gli inquirenti stanno verificando tutte le possibili variabili.
La sensazione è che la pista imboccata possa portare a una svolta. Carabinieri e Procura sono molto abbottonati. Attendono il risultato degli esami di laboratorio da Parma. Certo, il caricatore appartiene a una semiautomatica 7,65. Ma non è detto che sia compatibile con l’arma che ha ucciso i fidanzati. Gli esperti del Ris dovranno compararlo con i sei bossoli recuperati sul luogo del delitto, capire da quanto tempo era in acqua e far riferimento alle tre pistole indicate dal perito balistico Pietro Benedetti in sede di perizia.
L’arma da trovare è vecchia, presenta segni di ruggine e non è più presente nei cataloghi. «Stiamo con i piedi per terra», continuano a ripetere gli inquirenti. Il loro timore è che il caricatore fosse nel melmoso fondale del laghetto da più di sei mesi.