Tempi di attesa lunghi: «L'Azienda sanitaria deve pagare l'esame»

Domenica 15 Gennaio 2023 di Loris Del Frate
Tempi di attesa lunghi: «L'Azienda sanitaria deve pagare l'esame»

PORDENONE - C'è una delibera regionale dell'ottobre 2019 che recepisce una legge, sempre regionale e il relativo piano di governo che regola le liste di attesa. Se fosse rispettata sul fronte degli sforamenti sanitari per le prescrizioni brevi (da evadere entro 10 giorni) non ci sarebbero più problemi per i pazienti. Già, perchè quel piano, alle pagine 22 e 23 spiega in maniera chiara cosa deve fare la Regione se non vengono rispettati i tempi di attesa.


IL RIMBORSO
In pratica - recita il piano - l'Azienda sanitaria interessata, dopo aver cercato tutte le strutture, pubbliche e private convenzionate dove è possibile fare l'esame previsto in 10 giorni, deve richiamare l'utente proponendo la prima disponibilità trovata che in ogni caso - questo è importante - non deve superare i tempi massimi previsti in relazione al codice di priorità riportato sulla prescrizione.

Qualora l'Azienda - recita sempre la norma - non ottemperi a queste indicazioni, ovviamente nei tempi previsti, l'utente, previa autorizzazione, può effettuare la visita o l'esame prescritto in prestazione di libera professione. Una volta pagata la prestazione l'utente consegna il conto della spesa sostenuta che gli deve essere rimborsata togliendo il costo del ticket.


IL PERCORSO
In pratica se il medico di base stabilisce che un esame diagnostico (Tac, Pet, Risonanza, ecografia o altro) o una visita specialistica è di priorità B (da fare entro 10 giorni), il paziente chiama il call center e se non gli viene garantita la prestazione all'interno del tempo massimo previsto, chiama la direzione dell'Azienda e comunica la situazione. Sempre secondo la norma, l'Azienda dovrebbe fare il possibile per garantire l'esame e richiamare subito. Se non lo fa, trascorsi i 10 giorni, l'utente chiede l'autorizzazione che dovrebbe essere automatica e va in una struttura privata. Fa l'esame e chiede il rimborso. C'è però da fare attenzione, perchè, ad esempio, per un esame diagnostico come la Tac la spesa è alta, si superano anche i mille euro, ma per altri esami, come l'ecografia, si arriva intorno a 100 euro.


LA FREGATURA
Sin qui la legge. Il bello (o il brutto) arriva adesso. Già, perchè chi ha provato a fare questo percorso si è sentito rispondere che non è possibile andare dal privato e poi farsi risarcire perchè di quella legge, pur datata, mancano ancora i decreti attuativi. Anzi, non sono mai stati fatti. Morale? Non è applicabile. Una fregatura. Lo dice da tempo Stefano Vignando, medico di medicina generale, sindacalista dello Snami. «Sono anni che mi batto per avere risposte su questo fronte - spiega - ma c'è ancora da combattere. C'è una sentenza del Giudice di pace in Puglia che fa proprio al caso in questione. Il paziente ha ottenuto il rimborso. Credo - va avanti Vignando - che si dovrebbe iniziare ad aprire questa strada anche in regione, presentando istanze ai Giudici di pace delle quattro province per farsi rimborsare. Basterebbe una sentenza per aprire le porte».


I DATI
Del resto i numeri delle attese per le prestazioni brevi, li abbiamo pubblicati l'altro giorno con una tabella esplicativa, visto che trattava i ritardi del mese di dicembre. Ebbene, nel Friuli Occidentale, solo due visite rispettavano i 10 giorni di attesa previsti dalla priorità B. Tutte le altre li sforavano, alcuni anche di settimane. Peggio a Udine, almeno secondo i tempi dell'ospedale. Nel territorio friulano, però, ci sono diverse altre strutture sanitarie, sia pubbliche che private acceditate che in gran parte garantiscono i tempi, anche se si rendono necessari per i pazienti spostamenti di parecchi chilometri.

 

Ultimo aggiornamento: 16 Gennaio, 09:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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