Superbonus, in rosso oltre mille imprese del Fvg. Congelati 286 milioni di crediti d'imposta

Sabato 18 Febbraio 2023 di Loris Del Frate
Superbonus, in rosso oltre mille imprese del Fvg. Congelati 286 milioni di crediti d'imposta

«Chi ora ne pagherà a caro prezzo le conseguenze saranno famiglie e imprese che hanno intrapreso un percorso seguendo le regole». Il presidente Ance Confindustria Alto Adriatico, Elvis Santin, non sa darsi pace. Il decreto del Consiglio dei Ministri rischia di mandare a picco centinaia di aziende edili della regione, ma anche di gettare sul lastrico famiglie che potrebbero pagare tutta la riqualificazione senza bonus e ultimo, ma non certo per importanza, gettare alle ortiche tutte le direttive europee sulla riqualificazione degli immobili legate al miglioramento ambientale.


I NUMERI
Al 31 gennaio 2023, l'Ufficio studi di Confartigianato sui dati Enea e Istat ha già stimato 286 milioni di credito a rischio in Friuli Venezia Giulia legati a lavori Superbonus, di cui 155 milioni per interventi nei condomini (54%) e 131 milioni per edifici unifamiliari e appartamenti con impianti autonomi (46%).

Quanto al riparto per provincia, 145 milioni in provincia di Udine, 82 milioni a Pordenone, 30 milioni a Trieste e 29 milioni a Gorizia. Sono interessate 1.111 imprese e 4mila lavoratori. «A fine gennaio - spiega il presidente Confartigianato, Tilatti - erano 10mila le asseverazioni, cioè le pratiche aperte da privati per cantieri del Superbonus in regione, dove non risulta concluso il 18,5% dei lavori. Per i condomini risulta non realizzato, invece, oltre un intervento su quattro; meno di un intervento in sospeso su 7 per edifici unifamiliari e unità immobiliari indipendenti. Questo significa - conclude Tilatti - che se non saranno trovati subito correttivi, rischia di morire un intero settore. Quello dell'edilizia».


L'ANCE
«Lo scopo del superbonus 110 - attacca Elvis Santin presidente Ance Confindustria Alto Adriatico - era di migliorare l'efficientamento energetico degli immobili energivori, in linea con quanto richiesto dall'Europa e, comunque, a vantaggio dell'ambiente in cui viviamo e dello stile di vita di chi abita in questi immobili, con un conseguente risparmio economico in bolletta, un aumento del valore immobiliare. Doveva dare la possibilità ai meno abbienti, che quindi non potevano permettersi di sostenere il costo delle lavorazioni, di poter effettuare questi miglioramenti. Un investimento, quindi (non un costo), per il futuro. Questo è stato dimostrato da diversi studi certificati, ultimo proprio lo studio prodotto da Eurostat in settimana».


LE REGOLE
«Questo ennesimo cambio delle regole va nella direzione opposta all'obiettivo che si era prefissata la normativa. Senza cessione e sconto in fattura, nessun "meno abbiente" potrà permettersi di fare i lavori, tantomeno con l'aumento dei prezzi che si è verificato. Ne consegue che sarà improbabile intervenire nei fabbricati di classe energetica inferiori alla D. Immobili, che se non cambieranno le scadenze imposte dall'Europa, perderanno tutto il loro valore commerciale. Giustificare la decisione con il tema frodi e "costo per lo Stato" è incomprensibile. È lampante che è stato il bonus facciate, nel quale non vi erano praticamente controlli, a creare i disagi maggiori. Infine, se è vero che il 110 è un costo, come sistema ci chiediamo: quanto costeranno gli stimati 123 mila addetti a livello nazionale del settore che rimarranno senza lavoro e la crisi sociale di migliaia di famiglie e imprese? Quanto ci costerà, nei confronti dell'Europa l'enorme ritardo nell'efficientamento energetico? Ci costerà meno del superbonus? Far fallire imprese e danneggiare famiglie per far tornare i conti - conclude - è come dire che l'operazione è riuscita, ma il paziente è morto».

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