Bollani, concerto-omaggio a Napoli: «Un trip influenzato da Carosone»

Mercoledì 18 Gennaio 2017 di Valentina Silvestrin
Bollani, concerto-omaggio a Napoli: «Un trip influenzato da Carosone»
Adriano Celentano e Renato Carosone: che il musicista Stefano Bollani non dovesse limitarsi al pianismo era prevedibile dai suoi padri artistici putativi. Perciò non stupisce che - oltre a essere uno dei più apprezzati e noti jazzisti italiani - Bollani sia riuscito a conquistare il pubblico televisivo di Rai1. «Nella vita ho avuti pochi modelli, ma uno dei primi che ricordo è Celentano. Da bambino volevo fare lattore, il cantante, il presentatore» rivela il musicista che mercoledì 25 gennaio suonerà a Pordenone in un concerto organizzato da Euritmica in collaborazione col teatro Verdi. Poi l'incontro col pianoforte, «diventato la passione della mia adolescenza e della post-adolescenza, che ancora sto vivendo».
- Eppure come cantante se l'è cavata molto bene!
«Io faccio il cantante timido, nei dischi non canto più di un pezzo. In tv ne ho approfittato e ho cantato con Fiorella Mannoia, Ornella Vannoni. Sono un fan dei cantanti e del loro poter scrivere grandi canzoni in soli 3 minuti, e non gli otto di un pezzo jazz!».
- A Pordenone porterà il suo ultimo cd Napoli Trip, perché un omaggio alla città partenopea?
«Dopo Celentano, la mia passione è stata Carosone. Ho tradotto questo amore in un disco su Napoli. Inoltre volevo fare qualcosa con il musicista Daniele Sepe. Quanto a mercoledì, Napoli Trip sarà il punto di partenza, poi improvviseremo moltissimo, cercheremo di costruire qualcosa di unico. Questo aspetto dell'unicità dell'esibizione è la cosa che più mi interessa del jazz; il fatto che ogni volta dal vivo accade qualcosa di irripetibile. È un concetto importante, ci abbiamo messo tutto il Novecento a capirlo».
- Lei ha scelto il jazz, eppure la musica classica è una costante nel suo lavoro...
«Ho attraversato la formazione classica ma non mi piaceva: era coperta di polvere. Credo il problema stia nella parola classica', somiglia a un monumento. Ma i monumenti sappiamo come vanno a finire, che ci vanno sopra i piccioni. L'educazione musicale dovrebbe essere al piacere di ascoltare».
- Spesso la musica vive nel grande discrimine tra popolare che piace alle folle e la cosidetta di nicchia, che fa numeri inferiori. Come lo si risolve?
«Pensi al cibo. Quello più popolare al mondo non è quello che fa meglio. Se tanti ascoltano un solo tipo di musica forse è perché non conoscono altro. Manca l'educazione alla musica, è un peccato che spesso le persone ascoltano solo quattro cose perché non sanno quanto altro invece ci sia in giro».
- Il Friuli è diventato culla di grandi jazzisti della attuale scena italiana e internazionale. Secondo lei qual è la ragione?
«Domanda a cui non so rispondere. Quando capitano queste cose significa che c'è un tessuto connettivo, che ci sono scuole, organizzatori di eventi, un network: i musicisti vanno sostenuti dall'apparato. E forse in questo territorio c'è stato un interesse ad averli».
Al di là del jazz c'è qualche compositore che conosce e apprezza di questo territorio?
«Teho Teardo, anche se non sapevo fosse di Pordenone. Conosco un po' lui e le cose che fa. È sveglio e intelligente. Anche perché scrivere per accompagnare le immagini o il teatro è cosa molto delicata».
Ultimo aggiornamento: 19 Gennaio, 10:54 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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