Pordenone, il sindaco Ciriani "striglia" la sua maggioranza: «Fare il consigliere viene prima del calcetto»

"Alberto Parigi è in pole position per fare il vicesindaco, al commercio una donna di 45 anni"

Domenica 1 Gennaio 2023 di Andrea Zambenedetti
Pordenone, il sindaco Ciriani "striglia" la sua maggioranza: «Fare il consigliere viene prima del calcetto»

Sindaco Alessandro Ciriani quali sfide attendono lei e la città nei prossimi dodici mesi? «Ci sono stati periodi migliori, prima della pandemia: un tempo in cui i bilanci degli enti offrivano prospettive di sviluppo.

Oggi i conti risentono in maniera drammatica di due anni e mezzo di virus e di una crisi che ha fatto lievitare i costi dei cantieri e delle materie prime. In questo modo strumenti nati per aiutare i comuni, come il Pnrr, finiscono per diventare un cappio. I quadri economici non corrispondono e ci troviamo nella condizione di dover accendere dei mutui per chiudere. Dobbiamo fare le nozze con i fichi secchi. Fare il sindaco ora vuol dire far capire che alcune scelte sono assolutamente necessarie. E questo accomuna comuni grandi e piccoli».


Lei si sente più sindaco di un grande comune o sindaco di una piccola città?
«Mi sento sindaco di un medio comune, con grandi potenzialità. Possiamo fare squadra con gli stakeholder, ci conosciamo tutti. Con un giro di telefonate possiamo coordinarci. Anche chi arriva da fuori può avere servizi e istituzioni con cui interloquire con facilità. Riteniamo di essere potenzialmente molto attrattivi».


Negli ultimi mesi si è parlato molto della capacità della città di attrarre nuove persone, secondo qualcuno Pordenone perde abitanti e l'interesse dei potenziali nuovi residenti è calato, lei ha detto di non essere d'accordo. Come stanno, quindi, le cose?
«Discorso complicato. Ma queste sono affermazioni prive di riscontro. La città aumenta, poco, ma aumenta. Il problema è soprattutto demografico: la città sta invecchiando, la categoria più rappresentata è la mia, quella dei cinquantenni. Si riduce il potere contrattuale per i più giovani perché le risposte si spostano su chi chiede di più, ovviamente le fasce d'età con più necessità. Bisogna avere un equilibrio ma la spinta urbana, la verticalità e la necessità di dare risposta al mercato sono evidenti. La gente vuole avere servizi. Altro aspetto è quello dell'offerta universitaria. Pordenone può ospitare in centro più corsi, portando così i giovani. Spingere i proprietari a riqualificare gli immobili è follia».


Follia, addirittura?
«Sì, rispetto alle richieste: oggi la gente cerca efficienza, certificazione sismica, housing sociale. Non edilizia popolare ma intermedia. Ogni progetto che portiamo avanti ha comunque sempre una quota destinata ai ragazzi, dagli studentati agli alloggi, proprio per tutelare queste fasce di popolazione».


Quindi nel futuro della città soltanto grattaceli?
Il potenziamento della città passa attraverso altri binari. Serve la Gronda nord, l'interporto deve diventare attrattivo rispetto alla Pedemontana Veneta. Servono strutture per attirare i giovani e una attività culturale fervida. Bisogna fare in modo che i giovani decidano di eleggere Pordenone a luogo ideale per sviluppare la propria esistenza».


Parliamo un po' di politica, quanto c'è di Fdi e quanto c'è di Ciriani nella guida della giunta in città?
«Sono stato l'unico presidente di provincia senza gruppo consigliare quando sono uscito dal Pdl. Credo le due cose non siano separabili. Siamo partiti dal basso con sindaci e consiglieri. Il programma per le comunali aveva come vangelo il programma del sindaco: vogliamo anche dimostrare di essere un partito vicino alla gente. Arrivo da un tempo in cui si partiva dal basso a fare politica e poi si arrivava in consiglio comunale. Oggi ci si iscrive a fare gli assessori senza alcuna gavetta».


Una sorta di assalto alla diligenza?
«Immaginavamo ci sarebbe stata: ora dobbiamo mettere i cancelli, serve un filtro anche molto stretto. Il partito deve reggere nel momento in cui tutto va bene, come adesso, e anche dopo. Se un partito è di plastica invece rischia di crollare. I miei assessori li ho scelti con una conoscenza più che robusta. Se uno dice Parigi a Pordenone tutti sanno della sua storia di Destra, idem per Amirante».


Ecco, quindi Alberto Parigi farà il vicesindaco giusto?
«Alberto è in pole position, così come assessore al commercio sarà una donna sui 45».


A Sacile si va al voto, cosa succede da quelle parti? C'è un po' di tensione in casa centrodestra?
«Ho avuto troppi impegni, non ho avuto tempo, seguo le regionali».


Torniamo a Pordenone. Come sta la maggioranza?
«Non è sempre facile gestire i rapporti in maggioranza non sempre si apprezzano i ruoli che si hanno. Il consiglio comunale però non è una messa in scena: ho visto assenze al voto sul bilancio e assenze strategiche dovute a malattie improvvise su determinati temi con persone che si sono date per moribonde. Non è obbligatorio fare i consiglieri se ti sei candidato devi onorare il mandato, anche se fai tardi o salti il calcetto. Altrimenti dai un cattivo esempio e di questi tempi in cui la politica non gode di grande stima non ce n'è bisogno».


Mi spiega perché avete chiesto al governo una proroga per il Pnrr. Lo scopo non è di fare in fretta con i cantieri?
«Un comune come il nostro rischia di scoppiare, in una macchina piccola ci puoi mettere quanto carburante vuoi ma quelle sono le prestazioni. Non vogliamo mancare un solo obiettivo. Ma è complicato: qualcuno si concentra sul Pnrr ma ci sono anche i finanziamenti regionali, i fondi europei è chiaro che gli enti hanno sete di personale. Hai bisogno di gente: altrimenti non ce la fai».


Insomma: il Pnrr è un cappio, in maggioranza qualcuno preferisce il calcetto ai bilanci e nel frattempo la città invecchia. Verrebbe da chiedere chi glielo ha fatto fare. Ecco, chi glielo ha fatto fare?
«È un privilegio mettere a terra progetti e far prendere il giusto abbrivio alla città anche quando questo comporta dei sacrifici. In questo ufficio si è artefici di un pezzettino di futuro, è un ruolo privilegiato. Faccio politica da quando ero ragazzino. Per me è una droga. Sono rimasto fuori un anno: mia moglie ha detto che è stato l'anno più bello ma per me è stato anche il più vuoto. Quando mi hanno chiesto di candidarmi a sindaco ne ho parlato con lei e mi ha detto che se non avessi accettato mi avrebbe portato a San Patrignano a disintossicarmi. Quindi se lo fai con giusta intenzione è un giusto sacrificio».
 

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