Simone, diviso tra il piccolissimo borgo del Friuli e l'India: per lui un premio prestigioso

Sabato 1 Febbraio 2020 di Tomaso Borzomì
Simone, diviso tra il piccolissimo borgo del Friuli e l'India: per lui un premio prestigioso
Simone Mestroni, diviso tra Friuli e India racconta il dolore del Kashmir. Il 38enne è uno dei massimi esperti della regione. Vive tra Campone, Udine e il gigante asiatico ed è da poco stato insignito dell'International photography Award a New York per il suo lavoro.

PORDENONE Ha 38 anni, vive tra Campone (un piccolo borgo nella Val Tramontina), Udine, l'India. Ed oggi è diventato uno dei massimi esperti del Kashmir. Simone Mestroni conosce a fondo i conflitti e le contraddizioni di una terra che oggi soffre tanto quanto, per usare un suo parallelismo, Israele e Palestina. E lui, che è riuscito a farsi apprezzare abbattendo i muri della diffidenza, è riuscito a conoscere cosa ci sia dietro al conflitto, tanto che gli abitanti della regione gli raccontano vicissitudini e aneddoti: «Essendo occidentale mi trattano quasi come se fossi un media, un giornalista, perché sperano che riesca a rendere nota la situazione», esordisce.



DAL FRIULI ALL'INDIA
Mestroni è nato e cresciuto in Friuli Venezia Giulia, è sempre stato attratto dalle scienze umane, tanto da decidere di prendere e andarsene da solo in India, per conoscere più da vicino quanto studiato sui libri. La sua voglia di cercare il vero, andando più a fondo, lo ha portato a diventare uno degli antropologi più quotati nel campo.

Tanto che sta facendo incetta di premi in più settori: fotografia, cinematografia e letteratura. Sebbene non sia propriamente uno dei cervelli in fuga, dato che vive e lavora attraverso in due Stati, i riconoscimenti sono però arrivati più dall'estero che dall'Italia.

Tra gli ultimi, in ordine di tempo, a fine ottobre è volato a New York per ritirare il premio all'International photography awards nella categoria Deeper perspective per i fotografi non professionisti.
Un riconoscimento che lo stesso Mestroni definisce prestigioso: «È uno dei cinque contest fotografici più importanti al mondo, con circa 20mila foto, quindi molto competitivo. Per un antropologo che si occupa di foto questo è uno dei premi che fornisce più soddisfazione».

L'ANTROPOLOGIA
La folgorazione per l'antropologia è arrivata quasi per caso, dopo gli studi alle superiori: «Sono sempre stato attratto dalle scienze umane - racconta -. Nel 2001 ho sentito che a Roma avevano aperto un corso in Antropologia e, sebbene non sapessi di preciso cosa fosse, mi pareva affascinante».

E così è avvenuto il primo trasferimento: «Sono partito per Roma l'11 settembre 2001, due ore prima che fossero diffuse le immagini delle Torri Gemelle». Da lì sono arrivate la laurea triennale prima, quella specialistica poi, prima di affrontare un percorso in India nel 2006 per la tesi specialistica. «Sono andato in Kashmir dopo il Tibet indiano, ero indeciso se avventurarmi, c'erano molti elementi di dissuasione. Ma alla fine, mi sono deciso».

E lì, Mestroni ha saputo individuare una vicinanza con casa: «C'è una similitudine paesaggistica con le Alpi friulane», ma a parte la bellezza del posto, ha dovuto fare i conti con una realtà diversa. Addentrandosi nella zona si è imbattuto in: «Filo spinato, militari e conflitti». Quindi il ritorno in Italia per sviluppare gli studi e nel 2008, zaino in spalla, è ripartito: «Un po' allo sbaraglio, ma volevo scavare, capire il tessuto sociale, i retroscena del conflitto al di là dell'idea comune, volevo osservare le dinamiche più intime, fattori che si ottengono solo stando assieme alle persone, diventando affidabili».



IL LAVORO E IL LIBRO
E così è stato, tanto che ha trovato lavoro in una bottega di intaglio di legno: «Mi hanno dato lavoro senza discutere, senza storie sull'apprendistato, senza fare i difficili. Un lavoro che mi sono portato anche qui. In Val Tramontina prendo le edere di 20-30 anni e scolpisco volti, quasi in controtendenza mi sono portato un lavoro qui da lì». Il percorso è stato segnato dal dottorato di ricerca a Messina, che gli ha permesso di tornare in India e confrontarsi con la realtà locale: «Dopo un mese è scoppiata la più grande crisi politica del decennio, quindi scioperi, coprifuoco, guerriglia, martiri, rivolte che proliferano e alimentano il conflitto».
Da qui è nato il libro Linee di controllo, che è adottato nelle Università di Milano e Roma. Da autodidatta, nel 2012 ha iniziato a lavorare a un documentario, After prayers, che grazie a un fondo proveniente dagli Stati Uniti è stato pubblicato nel 2018 e oggi è nel giro dei festival.

Quindi la fotografia, imparata sul campo grazie ad una collaborazione con il fotografo Fausto Podavini: «Mi ha insegnato punti giuntura tra il mio modo di analisi e il linguaggio visuale con la poetica delle immagini». Anche in questo Mestroni riesce ad eccellere, dato che l'ha portato ad altri riconoscimenti da Budapest a Vienna, ma anche Monselice e Faito (Napoli): «Sono premi più da bici che da Ferrari - spiega ridendo -, anche perché non ho la patente». E tra i talenti espressi dal giovane friulano non manca l'ironia: «La cosa più difficile da affrontare alla premiazione di New York è stato il dover rispettare il codice d'abbigliamento, indossando una giacca».

Ultimo aggiornamento: 2 Febbraio, 12:00 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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