Minacce e intimidazioni ai ragazzini, mamma contro i bulli: «Basta, a scuola c'è troppa tensione»

La signora racconta: "Mi hanno fermato per dirmi che non posso fare nulla perché loro sono minorenni, si sono calati le braghe mostrandomi il sedere: si sentono invulnerabili". Altri genitori sono andati dalle forze dell'ordine

Venerdì 25 Marzo 2022 di Mauro Rossato
La scuola Lozer di Pordenone
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PORDENONE - Minacce, messaggi minatori, appostamenti: in un altro contesto, in un altro luogo, probabilmente parleremmo di atteggiamenti mafiosi. Ma siamo a Pordenone, e soprattutto siamo in una scuola media. Una situazione insostenibile, però, che una madre preoccupata per l’incolumità del figlio ha deciso di denunciare. Non sembra esserci pace alla scuola media Lozer di Torre. Dopo essere stato interessato da ben cinque episodi di vandalismo e furti di materiale elettronico, nel periodo che va da novembre a febbraio, l’istituto si trova a fronteggiare preoccupanti episodi di teppismo e bullismo, probabilmente collegati anche a quanto successo in precedenza. A lanciare l’allarme è la madre di un allievo dell’istituto che ha deciso di rendere pubblica la storia perché spaventata dalle possibili conseguenze che questa potrebbe avere sul figlio, fatto oggetto di minacce, e anche perché sembra che scuola e forze dell’ordine abbiano le mani legate e non possano intervenire.

Se non “dopo”: quando però il peggio a quel punto sarebbe avvenuto. La signora avrebbe voluto denunciare tutto a viso aperto, usando il proprio nome e cognome: ma per tutelare i minori coinvolti dobbiamo riportare la vicenda in maniera anonima.

GLI EPISODI

Tutto nasce dopo gli episodi di vandalismo accaduti a novembre. Tra i cellulari degli alunni circolano i video delle effrazioni nell’istituto scolastico in cui si scorgono anche i profili dei responsabili. Al figlio della signora, che peraltro non possiede un cellulare e nemmeno profili sui più noti social network, pare proprio di riconoscere un altro ragazzo che frequenta la scuola, e gli viene spontaneo dire, in mezzo ad altri ragazzini: «Ma è lui...». “Lui” è un adolescente con qualche anno in più e con una storia familiare difficile e complessa: per questa ragione viene seguito dai servizi sociali e quando frequenta l’istituto ha orari di ingresso e di uscita differenti da tutti gli altri allievi. Questo ragazzo “difficile” viene a conoscenza del fatto che qualcuno lo avrebbe riconosciuto e inizia una personale “strategia della tensione”.

ADOLESCENTI SOTTO PRESSIONE

Per prima cosa, non potendolo fare direttamente, contatta con un messaggio privato su Instagram un compagno di classe del presunto “spione”. Anche questo adolescente entrerà nella lista di coloro messi sotto pressione da questo ragazzo difficile e dalla sua gang di amici. Il messaggio è inequivocabile: «Domani in piazza alle 4. Tu e il tuo amico. Se lo porti, a te non ti tocco. Non faccio niente. A te...». Parte una strategia fatta di occhiate e velate minacce. «La sensazione è che questi ragazzi si sentano invulnerabili – racconta la mamma che ha sollevato la questione – ci hanno anche fermato per strada e personalmente mi hanno detto che non potevo fare loro nulla “perché sono minorenni”, e per ribadire il concetto si sono anche calati i pantaloni mostrandomi il sedere... Capisco che la loro sia una situazione complessa e difficile, ma ci dovrebbe essere un modo per cui questo disagio non debba ricadere su tutti gli altri e in maniera violenta. Noi non possiamo intervenire perché rischieremmo di passare dalla parte del torto; dovrebbero farlo gli enti preposti...».

MANI LEGATE

Gli enti preposti però, a quanto pare, hanno le mani legate: «Abbiamo scritto diverse mail sia al dirigente scolastico che ai professori e abbiamo avuto anche un incontro con la vicepreside. La loro risposta è stata che, pur lottando contro bullismo e cyber bullismo, come anche specificato nel piano formativo dell’istituto, la loro giurisdizione si ferma all’interno dell’edificio scolastico e su quello che accade al suo esterno, anche se nelle vicinanze, non possono intervenire».
Lo stesso pare essere il limite per le forze dell’ordine: «Ci hanno detto che si può intervenire solo in caso di flagranza, ma che quando vedono una divisa questi ragazzi si comportano bene. Il loro consiglio è quello di stare alla larga e non cercare lo scontro. In ogni caso anche se intervenissero le forze dell’ordine, i tempi per eventuali soluzioni sarebbero piuttosto lunghi». Una situazione kafkiana nella quale viene messa alla prova la serena quotidianità di giovanissimi: «Non credo sia giusto che un ragazzo dell’età di mio figlio debba guardarsi attorno ogni volta che esce di casa e che non possa liberamente decidere di andare a fare un giro in bicicletta o a prendersi un gelato con gli amici. Andare a scuola è diventato un momento di tensione, soprattutto nel percorso per raggiungere l’edificio o per ritornare a casa. Ho voluto fare questa denuncia perché ho paura che possa succedere qualcosa a lui e a ai suoi amici e non voglio lacrime postume, dopo che è successo un fatto brutto». 

MADRI IN QUESTURA

Mercoledì l’atto più recente della vicenda: il “bullo” si è presentato nell’atrio della scuola, spacciandosi con la bidella per il fratello del giovane minacciato, e chiedendo di chiamarlo per trasmettergli un messaggio famigliare. La bidella, ignara, ha chiamato il ragazzino che quando è sceso dalle scale è impallidito. Solo a quel punto una mamma che si trovava sulla porta della scuola, avendo intuito la situazione, ha avvisato le forze dell’ordine. Anche per questa sfrontatezza la mamma di un altro allievo interessato dalle minacce si è recata in questura con il figlio per oltre tre ore, denunciando tutti i fatti occorsi avvalendosi dell’aiuto di un legale. Ma il timore e soprattutto la sensazione di impotenza di fronte alla protervia sono difficili da superare.

Ultimo aggiornamento: 07:58 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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