Più che in fabbrica, dove le fasce orarie almeno sono segnate anche se il lavoro è massacrante e alienante.
LE ACCUSE
Si parte sempre da lì, dalla “spaccatura” tra giovani e “anziani”. «È proprio il collega meno esperto - è l’attacco dei medici - a coprire i turni e svolgere i lavori meno agiati. La continuità assistenziale, infatti, è sorretta (almeno per quanto riguarda la nostra regione) dai giovani medici che assistono la popolazione nei fine settimana e durante le notti. Un servizio, peraltro, che soffre di sempre maggiori carenze costringendo i colleghi a sobbarcarsi doppi turni, a lavorare anche 24 ore consecutive, a coprire territori più ampi di quelli definiti dal contratto solo per garantire un servizio alla popolazione. E questi colleghi - ecco il passaggio più ficcante - spesso subiscono forti pressioni da parte dei vertici aziendali affinché effettuino questi turni in deroga ai contratti collettivi, mettendo a rischio se stessi ed i pazienti, perché è noto che un medico stanco è più a rischio di commettere errori». Verrebbe da dire: logico che poi si parli di stress, di disinnamoramento nei confronti del lavoro o della vocazione, di voglia di alzare il telefono, chiamare il primo privato disponibile e firmare un contatto con su scritto una cifra più dignitosa. «La propensione alla pensione anticipata è un dato scioccante che fa riflettere attentamente e mostra chiaramente quanto profonda sia la crisi legata alla perdita di fiducia nel futuro, alla mancanza di speranza di un domani migliore per la nostra professione e per i nostri giovani colleghi», riflettono ancora i medici riuniti in consiglio.
L’ANALISI
Si è spesso parlato della pandemia come spartiacque, come generatore di nuovi problemi e anche di nuove opportunità lavorative nell’ambito della sanità. «Durante l’epidemia Covid - prosegue la lettera - è certamente vero che si sono aperte ulteriori opzioni lavorative. I medici Usca (Unità speciali di continuità assistenziale), fondamentali per arginare l’avanzata dell’epidemia, sono in larga prevalenza giovani (neoabilitati, medici in formazione o neospecialisti) che si sono trovati nella posizione non invidiabile di lavorare ogni singolo giorno dell’anno, spesso anche in carenza di organico (basti pensare che per certi periodi i medici Usca disponibili, nel Distretto di Udine che conta oltre 150.000 persone, erano solamente) e privi di diritti fondamentali come ferie o malattia retribuita. Si sono poi aperte posizioni lavorative che possono essere ritenute più agevoli o vantaggiose da un punto di vista economico (basti pensare ai medici vaccinatori) ma restano comunque posizioni con una prospettiva di precarietà. Questo Consiglio - si legge ancora nella missiva - ritiene che se finalmente ai medici viene permesso, in un qualche spiraglio temporale, di svolgere un’attività adeguatamente retribuita e con vantaggi relativi alla propria qualità di vita, questo non debba in alcun modo essere motivo di biasimo nei loro confronti, ma è opportuno che sia stimolo alle Istituzioni per adeguare le condizioni lavorative ed i diritti di tutti i giovani colleghi che con sempre maggiori pressioni e abnegazione stanno dando un contributo fondamentale a tenere in piedi il nostro sistema sanitario regionale, spesso sacrificando affetti, famiglia e vita privata e sociale. L’impegno a garantire alle nuove generazioni di medici una qualità di lavoro dignitosa ed il supporto necessario a svolgere la nostra professione con serenità debba essere una priorità di tutti i decisori a tutti i livelli».