Attese infinite ed esami "inutili", gli ospedali contro i medici: «Troppe prescrizioni, non ce la facciamo»

Martedì 21 Giugno 2022 di Marco Agrusti
Una Tac
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Che le liste siano piene, non è una novità.

Che l’intasamento delle prestazioni sanitarie come ad esempio gli esami specialistici sia ai piani alti nella classifica delle emergenze, anche. Un altro paio di maniche è chiedersi perché. E addentrarsi in quelle che sono logiche apparentemente distanti dai bisogni dei cittadini. Solo apparentemente, perché in realtà a subirne le conseguenze finali sono proprio gli utenti più deboli della sanità: i pazienti. Si scopre allora che proprio sulle prestazioni diagnostiche specialistiche, tallone d’achille di una sanità che non è capace di rispettare i tempi d’attesa e in alcuni casi le esigenze stesse delle patologie, c’è anche uno scontro tra professionisti. Tra medici ospedalieri e dottori d’ambulatorio che corrispondono alla medicina di base. Gli uni, di fatto, attaccano gli altri su un punto: l’accusa è quella di prescrivere troppi esami specialistici che richiedono apparecchiature a immagine. Quindi Tac, risonanza magnetica, radiografie. Controlli, secondo quella che è la parte dell’accusa, non sempre indispensabili, quando non decisamente inutili. La replica la vedremo in basso. 


IL NODO


L’allarme lanciato dai medici ospedalieri copre tutto il Friuli Venezia Giulia. Le voci sono anonime per ragioni più che ovvie, ma il coro è unico: «I medici di medicina generale prescrivono esami specialistici in modo eccessivo, senza calcolare l’intasamento che provocano all’interno delle strutture sanitarie». E la conseguenza sarebbe (condizionale d’obbligo, visto che l’accusa arriva da una sola “campana”) quella di aumentare lo stato di sofferenza di un sistema (quello degli esami ad immagine) che patisce già una carenza cronica di personale. Così le liste di attesa si allungano, con gli ospedali che per gestire i pazienti che provengono dal territorio faticano anche a garantire le prestazioni necessarie e indispensabili da erogare (quelle sì, anche durante i fine settimana, per riprendere una polemica di qualche settimana fa) a chi in ospedale ci si trova per forza, in quando ricoverato.

 
LA GEOGRAFIA


Il report degli esperti del Sant’Anna di Pisa si sono soffermati anche su questo aspetto della sanità del Friuli Venezia Giulia. Nei grafici, si tratta della fetta di “torta” dedicata alle prestazioni che vengono chiamate inappropriate. O meglio, ad esserlo sono le prescrizioni alla fonte e non tanto gli esami in sé. E Pordenone, in questa speciale classifica, si piazza in fondo rispetto alle altre tre province della nostra regione, con l’ospedale di Udine (per fare un esempio concreto) che è maggiormente in grado di “filtrare” l’appropriatezza delle prestazioni sanitarie che fanno riferimento ad esami come Tac, risonanze magnetiche oppure a normali radiografie al torace o all’addome, perché di questo si parla. L’Azienda sanitaria del Friuli Occidentale, invece, è distantissima da quello che gli esperti del Sant’Anna di Pisa chiamano il “bersaglio”, cioè la prestazione ottimale. Significa che in provincia si prescrivono più spesso esami che sono - secondo la valutazione - inappropriati. 


IL COMMENTO


Sulla vicenda interviene anche il direttore generale dell’Azienda sanitaria del Friuli Occidentale, Giuseppe Tonutti. «Il primo tema, che è anche il più importante, è che i radiologi sono praticamente introvabili. Li stiamo ancora cercando, stiamo provando a battere tutte le strade possibili. Il calo del numero delle prestazioni, purtroppo, è inesorabile. E le richieste invece non calano. Anzi, aumentano. Per questo si ha una sensazione di accumulo delle domande. Il messaggio è quello che veicoliamo da tempo: si deve prescrivere un esame come una Tac o una risonanza solo quando è strettamente necessario». 

Ultimo aggiornamento: 22 Giugno, 08:29 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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