Sanità, il post-Covid è un incubo: liste d'attesa interminabili per una visita

Venerdì 3 Luglio 2020 di Marco Agrusti
L'ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone
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PORDENONE - Il grande malato storico della sanità pordenonese, cioè il servizio di oculistica, veniva definito “in crisi” quando per una visita programmata richiedeva più di un anno. E capitava, purtroppo spesso. Oggi, nella giungla delle visite post-Covid, il servizio online per prenotare lo stesso consulto specialistico non dà nemmeno quella lontana speranza di incontrare l’oculista dopo 365 giorni: in tutta la provincia c’è solo una sfilza di “n.d.”, che significa “non disponibile” o “non determinabile”. Cambia poco, il senso è quello. Ci sono visite non prioritarie che oggi non si possono semplicemente nemmeno immaginare. E il malcontento dell’utenza monta, con una conseguente migrazione verso il sistema sanitario privato in netta ripresa. 

LE DIFFICOLTÀ
Le visite prenotate prima del lockdown sono saltate, e si sapeva. Si devono fissare di nuovo. A queste si devono aggiungere le nuove richieste dei pazienti, che intasano letteralmente i centralini dell’Azienda sanitaria pordenonese ogni giorno. Il corto circuito è servito: l’accavallamento porta a una dilatazione dei tempi di attesa senza precedenti almeno negli ultimi dieci anni. Qualche esempio. In ospedale a Pordenone, una visita cardiologica comprensiva di elettrocardiogramma (si parla sempre di priorità P, la più bassa) non è prenotabile con tempi di attesa certi. La voce è “n.d.”, come per la visita oculistica. Ci si mettono invece 252 giorni a Sacile, 209 a San Vito, 216 al Cro e 182 al Policlinico. Comunque fuori soglia. Una visita pneumologica la si può fare in città solamente dopo 263 giorni. Quasi lo stesso dato per un consulto dermatologico (ad esempio il classico controllo dei nei): 223 giorni al Santa Maria degli Angeli. Ci sono altri settori che presentano tempi di attesa inferiori, come ad esempio Ortopedia: 75 giorni per una visita al Santa Maria degli Angeli, ma al San Giorgio la pratica va in archivio in una settimana. Sono però delle eccezioni, perché che il sistema sia saturo è ormai un dato di fatto. L’attività è ripresa, ma è la macchina a non produrre gli stessi “giri” della richiesta dell’utenza. E proprio quella “fuga” verso la sanità privata che si tentava di arginare prima dell’emergenza Covid, ora è ripresa a un ritmo maggiore: si spendono (almeno) 150 euro e la visita specialistica la si ottiene in pochi giorni. Una situazione preventivabile e preventivata, che però sta creando malumore tra i pazienti del comparto pubblico. 

LE RISPOSTE
Il problema è sbarcato anche in consiglio regionale. Così il consigliere Shaurli (Pd): «Molte prestazioni sanitarie interrotte durante l’emergenza Covid non sono ancora tornate a regime e sono decine le segnalazioni di disservizio del numero unico per le prenotazioni, che in queste settimane è di fatto inaccessibile, suona occupato o privo di linea. Non solo molti cittadini rimangono spesso senza risposta e senza spiegazioni dopo decine di chiamate in un giorno ma - ha spiegato Shaurli - chi riesce a prendere la linea per un certo tipo di prestazioni viene immediatamente deviato al privato convenzionato. Su quest’ultimo punto - ha continuato -l’assessore ha ammesso il problema e assicurato che è in via di risoluzione. Purtroppo Riccardi non ha risposto in modo convincente sul miglioramento del numero Cup che ancora oggi non funziona adeguatamente». «Bisogna porre rimedio a storture che finiscono per avvantaggiare il privato a discapito della sanità pubblica», ha detto invece il consigliere del Movimento 5 stelle, Andrea Ussai. «Un cittadino che si rivolge al privato convenzionato, viene troppo spesso dirottato su prestazioni private, erogate in tempi più brevi e paradossalmente con costi inferiori in alcuni casi».
Ultimo aggiornamento: 08:43 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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