Da questo punto di vista, quella che sta per andarsene è stata una delle estati più difficili. Centinaia, in tutto il Friuli Venezia Giulia, gli anziani che si sono ritrovati abbandonati, soli di fronte a un’emergenza che in passato veniva tamponata da un sistema che funzionava.
IL PROBLEMA
Ancora una volta c’entra il Covid, ma oggi non è l’unico responsabile del peggioramento della situazione. Pesa infatti anche la cronica carenza di personale, che impedisce a tutte le Aziende sanitarie della regione di mettere a disposizione spazi ulteriori rispetto a quelli dedicati (ancora) alla pandemia. E il problema per una volta è lo stesso sia a Udine che a Pordenone, non c’è una provincia che sta peggio e un territorio che non soffre. C’è solo il fatto in sé: questa estate le residenze sanitarie assistite non sono riuscite a garantire i soliti spazi che venivano messi a disposizione degli anziani lasciati soli dalle badanti e senza una famiglia alle spalle in grado di prendersi temporaneamente cura di loro. «Si trattava di ricoveri brevi - ha spiegato il direttore dell’AsFo, Giuseppe Tonutti - che però risultavano fondamentali. Purtroppo quest’anno è stato un problema, perché alcuni spazi erano rimasti a disposizione dei pazienti Covid». A Maniago, ad esempio, dove venti posti sono ancora solamente dedicati alla pandemia. Ma ha pesato anche l’assenza di una Rsa nel capoluogo provinciale, nonché la ridotta capacità di accoglienza del polo di Sacile. «La situazione è stata la stessa anche in provincia di Udine - ha riferito invece il dg dell’Azienda sanitaria del Friuli Centrale, Denis Caporale -, perché avevamo sulle spalle la chiusura del polo di Tolmezzo e la conversione in spazio Covid dei locali di Palmanova».
Il risultato è stato lo stesso ovunque: le richieste che solitamente venivano accolte, sono state rimandate al mittente. E le famiglie hanno dovuto trovare soluzioni a pagamento (badanti temporanee spesso senza contratto) oppure rinunciare alle vacanze programmate. Questo a causa di un buco che nel settore delle cure intermedie si fa ancora fatica a tappare.
CASE DI RIPOSO
C’è poi un nodo ulteriore e riguarda le case di riposo. Stanno crescendo a vista d’occhio, infatti, le domande finalizzate all’ottenimento di un’ospitalità temporanea all’interno delle varie strutture. Non un accoglimento sine die, quindi, ma periodi più brevi che corrispondono proprio al “sollievo” chiesto in precedenza alle residenze sanitarie assistite. In questo caso, però, è la burocrazia a bloccare un procedimento che altrimenti potrebbe andare avanti in modo spedito. «Se una persona non è in lista d’attesa e non compie lo stesso percorso richiesto a chi invece richiede l’ospitalità permanente - spiega Alessandro Santoianni, direttore della casa di riposo di San Vito al Tagliamento - , noi non possiamo farci nulla. Abbiamo le mani legate. Più volte abbiamo sottoposto il problema alle autorità sanitarie regionali, ma non abbiamo mai ricevuto una vera risposta. Di richieste ne abbiamo moltissime, ce ne arrivano ogni giorno. Ma fino a quando non avremo una norma di riferimento chiara non potremo accogliere chi vuole un posto temporaneo».
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