La riforma non convince i sindacati: «Basta tutelare solo chi ha più soldi»

La Cgil chiede che si vada verso un sistema in grado di favorire le classi meno abbienti

Sabato 11 Marzo 2023 di Antonella Lanfrit
La riforma non convince i sindacati: «Basta tutelare solo chi ha più soldi»

Attesa ma anche cautela rispetto alla riforma fiscale che il Consiglio dei ministri dovrebbe varare nei prossimi giorni. È il clima che si respira in Friuli Venezia Giulia tra sindacati e associazioni datoriali in merito alla riforma fiscale annunciata dal governo Meloni e in procinto di essere varata: sotto la lente, tra i diversi aspetti che l'intervento contempla, vi è la riformulazione degli scaglioni dell'Irpef, l'Imposta sul reddito delle persone fisiche.

L'attesa e la cautela vanno di pari passo in queste ore perché non è ancora chiaro quale tra le ipotesi sul tappeto possa davvero diventare realtà, se non che gli scaglioni da quattro sembra debbano scendere a due.


LE RIFLESSIONI
«Ci riserviamo di approfondire la questione e, soprattutto, di predisporre delle simulazioni non appena avremo contezza delle decisioni che il Governo prenderà realmente in materia», premette per esempio il segretario regionale della Cgil, Villiam Pezzetta. «È certo che una rimodulazione delle aliquote sia necessaria prosegue e la nostra richiesta in tal senso è chiara ed è già stata presentata: essa ha come principio guida la necessità di una riforma che intervenga soprattutto a favore dei redditi medio e medio-bassi». Più nel dettaglio la Cgil ha avanzato la richiesta «di una riforma fiscale che preveda un ritocco di cinque punti percentuali verso il basso e per i redditi meno abbienti», sintetizza il segretario generale della Cgil Fvg. A ciò «si deve aggiungere l'eliminazione della flat tax», considerata discriminante perché «a parità di salario c'è una trattamento fiscale differente tra dipendente e non dipendente, con il rischio che non pochi lascino il lavoro per migrare verso condizioni di precarietà». Con queste premesse, e riservandosi gli approfondimenti all'atto delle decisioni, Pezzetta rivela di essere comunque guardingo rispetto alle ipotesi su cui starebbe lavorando il Governo.


DUBBI
«Le perplessità ci sono conferma, infatti -, poiché la riduzione ai tre scaglioni non pare andare nella riduzione che abbiamo auspicato, con un robusto intervento a favore dei redditi meno abbienti». Il leader della Cgil regionale guarda all'obiettivo finale, che ancora non vede chiaramente: «Occorre detassare il lavoro, su cui oggi gravano più imposte che non sulle rendite finanziarie». In attesa di capire se ad essere accorpati saranno il secondo e il terzo scaglione cioè gli attuali 25% e 35% a favore di un unico 27-28%, con benefici per chi ha un reddito tra i 28mila e i 50 mila euro o se ad essere uniti in una soluzione nuova saranno i primi due scaglioni cioè gli attuali 23% e 25% con benefici spalmati anche sui redditi più bassi , anche il segretario regionale della Cisl, Alberto Monticco, affronta con cautela l'argomento. Il richiamo è ai principi che il sindacato cislino pone alla base di una riforma fiscale. «Deve essere salvaguardata la progressività dell'aliquota come previsto dalla Costituzione afferma e si devono trovare soluzioni per i redditi più bassi». Sulla base dei dati Caf-Cisl dell'anno scorso, infatti, «sono molti i redditi tra i 10 e 15mila euro, per i quali non è sufficiente neppure una bassa tassazione. Deve essere affiancata da altri strumenti per salvaguarda la possibilità d'acquisto di queste fasce di popolazione». Una realtà che «esiste, eccome», afferma Monticco, ed esemplifica: «Un pensionato che percepisce "la minima" non arriva a 9mila euro lordi l'anno; ci sono contratti multiservizio da 700-800 euro netti al mese che, alla fine dell'anno, danno un reddito di poco superiore ai 10mila euro». Perciò, conclude, «il nostro metro di valutazione della riforma fiscale del Governo sarà la capacità di salvaguardare questi redditi medio-bassi», conclude il leader della Cisl.

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