Prosciutti dop con suini "danesi", coinvolte anche aziende friulane e venete

Giovedì 20 Settembre 2018
Stagionatura di prosciutti in un'immagine d'archivio
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TORINO - I prosciutti italiani dop, dal San Daniele al Parma e al Crudo di Cuneo, provenivano da maiali fecondati con il seme di suini danesi. Una truffa che rischia di costare un processo a ventidue fra allevatori e collaboratori più otto società chiamate in causa in qualità di persone giuridiche. Il pm di Torino  procede - a seconda delle singole condotte contestate - per associazione per delinquere finalizzata alla frode in commercio e alla contraffazione di indicazioni geografiche e denominazione di origine dei prodotti agroalimentari.

Per le posizioni friulane la Procura di Torino ha trasmesso gli atti a quella di Pordenone. Il capo d'accusa parla della «commercializzazione di decine di migliaia di suinetti» destinati ai prodotti italiani dop attraverso «l'uso di genetica non consentita dai disciplinari», che vincolano i prodotti dop come il San Daniele ad essere frutto di suini italiani.

Invece per generare i suini le aziende coinvolte avrebbero usato semi provenienti da esemplari delle razze Duroc Danese e Large White Danese, che hanno una «rapidità di accrescimento ponderale» molto superiore alle razze italiane. La velocità era tale che gli allevatori, per nascondere la vera origine dei maialini, dovevano tatuarli retrodatando la data di nascita di uno o due mesi.

Secondo quanto ricostruito dal pm, il seme era «prodotto» sottobanco in alcuni allevamenti che non erano riconosciuti né autorizzati dalla Regione come centri di fecondazione artificiale. Quindi, attraverso aziende intermediarie, era ceduto a «decine di allevatori del circuito Dop» concentrati prevalentemente in Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia-Romagna, spesso «in nero» o con meccanismi di fatturazioni fasulle. Il «seme danese» produce esemplari più prestanti, che però non corrispondono alle caratteristiche richieste dal disciplinare per le Dop in relazione ai quantitativi di grasso e ai tempi di macellazione (nove mesi).

La vicenda su cui si è concentrata l'indagine riguarda il periodo compreso fra l'aprile del 2014 (quando nacquero i primi suinetti) e il febbraio del 2017. Uno degli avvocati difensori, Tom Servetto, sottolinea che «non esiste alcun problema per quel che riguarda la genuinità, la qualità e la salubrità dei prodotti, che sono molto apprezzati dai consumatori». A suo parere è «solo una questione di denaro». «È il mercato - spiega - a imporre agli imprenditori di allevare il Duroc. Questa razza non figura nei registri solo perché i danesi, per fornire l'iscrizione della genealogia dell'animale, esigono le royalties. Si deve andare in Danimarca, fare domanda e pagare. Ma è costoso, laborioso e lungo. Troppo, in un mondo dove la concorrenza è forte e non ci si possono permettere rallentamenti». «Il punto - conclude Servetto - è che il nostro disciplinare risale a 30 anni fa e ormai è superato dai tempi».


 

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