Profughi, primi rientri in Ucraina. Scattano i controlli sull'interruzione dei sussidi pubblici giornalieri

Lunedì 11 Aprile 2022 di M.A.
Evacuazione in Ucraina

I primi profughi ucraini sono arrivati in Friuli Venezia Giulia più di un mese fa, durante i primi giorni di guerra. Provenivano perlopiù da Leopoli e Kiev, non avevano vissuto direttamente i bombardamenti ed erano stati i più tempestivi nel lasciare il Paese prima dell’escalation vera e propria. Era la fine di febbraio, l’inizio dei flussi al confine. Ma ora che l’esercito russo si è ritirato dall’accerchiamento della capitale e che Leopoli ha mantenuto una sua seppur labile dimensione di sicurezza, inizia a palesarsi il fenomeno opposto: diversi rifugiati stanno lasciando il Friuli Venezia Giulia per far ritorno in Ucraina. E da parte delle Prefetture si intensificano i controlli affinché l’erogazione del pocket money giornaliero destinato ai profughi si interrompa immediatamente nel caso di rientro al Paese d’origine. 

IL CASO
I fatti sono confermati sia dalla Prefettura di Udine che da quella di Pordenone. Sono decine, i rifugiati ucraini (perlopiù donne con figli a carico, ma anche qualche famiglia al completo fuggita prima del divieto di espatrio imposto da Kiev agli uomini tra i 18 e i 60 anni) che hanno già lasciato il Friuli Venezia Giulia per fare rientro nel loro Paese. Un fenomeno, questo, che da un lato contribuisce ad alleggerire la macchina dell’accoglienza pubblica (anche se molti erano ospitati nelle case di privati cittadini), ma che dall’altro pone il problema dei controlli. «Avevamo messo in preventivo che un fenomeno del potesse verificarsi - ha chiarito il prefetto di Udine, Massimo Marchesiello -. Si trattava, e l’avevamo capito sin da subito, di persone che scappavano dalla guerra ma che sarebbero volute tornare al più presto nel loro Paese d’origine.

Ed ora questo fatto si sta verificando in Friuli Venezia Giulia». Ucraini che lasciano la nostra regione salutando sia l’assistenza pubblica che l’accoglienza privata. Un caso specifico è quello di Frisanco, in provincia di Pordenone, dove è stata segnalata la partenza di diversi rifugiati ucraini dopo l’iniziale accoglienza. 

I CONTROLLI
Se a lasciare il territorio è un rifugiato non titolare della posizione pubblica dell’assistenza, il problema si pone in modo relativo. Si tratta semmai di una relazione privatistica tra chi ha usufruito di un alloggio e lo stesso proprietario. Ma non ci sono particolari complicazioni. Diverso, invece, il caso in cui il profugo in fuga dalla guerra sia inserito nel circuito dell’accoglienza guidato dalle Prefetture del territorio. Lì entra infatti in ballo il tema economico, che in soldoni si traduce nella consegna del pocket money giornaliero, cioè sulla cifra che viene elargita ai rifugiati per garantire il loro sostentamento sul territorio. «I controlli sono stati messi in atto affinché tutto sia regolare», spiega sempre il prefetto Marchesiello. In poche parole, le verifiche servono ad evitare che qualcuno continui ad incassare il sussidio - magari per interposta persona – anche dopo aver lasciato il territorio del Friuli Venezia Giulia per fare ritorno in Ucraina. E il meccanismo lo spiega anche Ivana Latrofa, vertice della coop Nuovi Vicini che gestisce l’accoglienza nel Pordenonese: «Il metodo è rodato: il pocket money viene consegnato solamente al diretto interessato, che deve presentarsi fisicamente per apporre una firma. È impossibile, quindi, che ciò avvenga in forme non consentite». Anche perché sarebbero le stesse cooperative a perderci dal punto di vista economico. 

Ultimo aggiornamento: 07:27 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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