«Violentata e minacciata col coltello dal coinquilino». Prove contraddittorie, assolto il 35enne

Sabato 17 Dicembre 2022
Pordenone, «Violentata e minacciata col coltello dal coinquilino». Prove contraddittorie, assolto il 35enne

PORDENONE - Due anni fa aveva accusato il coinquilino, a cui aveva subaffittato una stanza, di averla violentata. Una denuncia dettagliata, un caso di Codice rosso a cui la Procura di Pordenone aveva trovato riscontri, compreso un profilo genetico compatibile con quello dell'imputato, un uomo di origine pakistana di 35 anni che ha affrontato un processo per violenza sessuale. Ieri l'epilogo giudiziario, con una sentenza di assoluzione con formula dubitativa: la prova è stata ritenuta contraddittoria. A questa conclusione è giunto il gup Giorgio Cozzarini al termine del processo celebrato in udienza preliminare con rito abbreviato, quindi sugli elementi di prova raccolti durante le indagini dei carabinieri.
La Procura ha invece ritenuto credibile la vittima e per i ripetuti abusi sessuali aveva chiesto una condanna a sei anni di reclusione.
La donna, che si era costituita parte civile con l'avvocato Esmeralda di Risio, ha parlato di aggressioni a sfondo sessuale, minacce con il coltello in camera da letto e di episodi plurimi avvenuti anche in un lasso di tempo limitato. Gli indizi raccolti dagli inquirenti erano pesanti, tanto da convincere il gip Rodolfo Piccin ad applicare all'imputato una misura cautelare che gli impediva di avvicinarsi alla donna.
L'uomo, difeso dall'avvocato Enrico Cleopazzo, non ha mai negato i rapporti sessuali, ma ha escluso di aver costretto la donna a subire episodi di violenza, sostenendo che fosse consenziente. La difesa ha valorizzato alcuni elementi contraddittori e incompatibili con il racconto della vittima. «Elementi - osserva il legale - che facevano emergere dubbi sul fatto che fosse stata violenza. Va poi evidenziato che l'altro coinquilino non si era accolto di nulla, nonostante fosse presente in casa».
La Procura, una volta valutate le motivazioni della sentenza, con ogni probabilità presenterà appello. «A nostro avviso - ha commentato la parte civile, l'avvocato Di Risio - ci sono state delle difficoltà di comprensione legate alla lingua». Il riferimento è alla traduzione di alcune registrazioni telefoniche tra l'imputato e la parte offesa. Traduzioni che non sarebbero state interpretate correttamente e che potrebbero aver messo in dubbio quanto denunciato dalla vittima ai carabinieri nel 2020.
 

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