PORDENONE - È tutta in mani friulane la rinascita della storica Presotto Industrie Mobili Spa di Maron di Brugnera, fallita l’8 novembre perché non è riuscita a rispettare i termini del concordato preventivo a cui era stata ammessa nel 2018. Ad aggiudicarsi l’affitto temporaneo dell’azienda, con l’impegno ad acquistarla e a riassumere 80 dei 105 dipendenti, non è stata la società veneta che si era fatta avanti con la curetala, ma la Domi Srl di San Giovanni al Natisone, società del gruppo Domitalia, il cui legale rappresentante è Elvis Tafaruci, fondatore della Tafaruci Design.
LA GARA
Sono bastati nove giorni al curatore fallimentare, Alberto Poggioli, per chiudere l’operazione.
I RILANCI
Il giudice delegato Roberta Bolzoni ha deciso di focalizzare i rilanci sul canone d’affitto e sul costo indicato per l’acquisto dei macchinari. La Domi Srl non ha mollato aggiudicandosi la gara. Il canone d’affitto è schizzato a 5.700 euro mensili, mentre per i beni mobili la promessa d’acquisto vale 525mila euro (il gruppo vicentino ha lasciato a 500mila euro). «Nel giro di due o tre giorni - prometto Poggioli - conto di formalizzare l’aggiudicazione, non possiamo perdere tempo, perché un’azienda che resta chiusa rischia di perdere i rapporti commerciali. Ci auguriamo che tutto riparta e rinasca».
L’AZIENDA
Le chiavi della Presotto saranno dunque consegnate alla Domi Srl, che proseguirà l’attività nel capannone di 33mila metri quadrati che si trova a Maron e che è in leasing (l’altro capannone, che è in affitto, era stato acquistato da Ibla Capital nell’ambito del concordato). L’affitto, stando al cronoprogramma della curatela, dovrebbe durare soltanto qualche mese, perché poi si procederà con la vendita, che avverrà prima dell’adunanza dei creditori fissata per l’8 marzo. È una fase molto delicata, ma le premesse fanno ben sperare per i lavoratori.
L’AUTOFALLIMENTO
Era stato il socio di maggioranza - la Ibla Capital, un fondo che aveva acquisito il 90% delle quote - a chiedere l’autofallimento. A settembre aveva messo in vendita le partecipazioni sociali. Si era fatto avanti un imprenditore del settore, ma l’operazione non è riuscita: era disposto a rilevare l’azienda, ma non i suoi debiti. L’autofallimento è stata la soluzione per salvare oltre 70 anni di storia tra tradizione è innovazione.
IL PASSIVO
Il concordato prevedeva il rafforzamento del brand, l’allargamento della distribuzione, soprattutto in chiave export, e investimenti ulteriori nell’innovazione del prodotto. Prevedeva il pagamento dei creditori entro cinque anni (30 milioni di passivo per circa 700 creditori) e si basava sulla vendita del capannone per 4,4 milioni di euro. La promessa d’acquisto da parte di Ibla Capital era stata rispettata, ma non secondo quanto previsto, perché se lo aggiudicò all’asta con un ribasso che aveva fatto scendere l’importo a 2,3 milioni, somma utilizzata per pagare le ipoteche.