Commercio, l'anno nero dei negozi: mai così tante chiusure in città

Sabato 31 Agosto 2019 di Marco Agrusti
Commercio, l'anno nero dei negozi in città e provincia
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PORDENONE - Negozianti che sono in ritardo, anche di sei mesi, nel pagamento dell’affitto (alto, si sa) e che rischiano di perdere il diritto ad occupare gli spazi che magari impegnano da decenni. Titolari che hanno già lasciato a casa i dipendenti a contratto determinato per mancanza di introiti. E altre decine di persone - perlopiù giovani donne - che da qui a fine anno rischiano il posto di lavoro. E il triste ma veritiero bilancio del commercio al dettaglio in centro a Pordenone. Dieci attività chiuse nel 2019 sul territorio comunale di Pordenone, cinque in centro. Corre l’annus horribilis 2019, funestato da una serie di fulmini che ha colpito una categoria che già non sguazzava in acque placide, ma che adesso rischia l’annegamento rapido.   Incassi giù, la risposta è unanime. Non si salva nessuno, ma chi sta peggio è chi vende vestiario. I negozi di abbigliamento soffrono più di tutti. «Ma ci siamo accorti che scende anche il settore degli alimentari - spiega il numero uno dell’Ascom, Alberto Marchiori -, e quando scende l’alimentari c’è da preoccuparsi, perché vuol dire che ad essere intaccati sono i bisogni primari, le spese più normali per ogni cittadino». Le percentuali del calo, che si riferisce ai primi otto mesi del 2019, in alcuni casi sono a due cifre. E in un mondo, come quello del piccolo commercio, dove l’offerta di lavoro è strettamente legata all’andamento momentaneo delle entrate, ecco che una stagione “persa” come quella che sta per andare in archivio si ripercuote già sul destino lavorativo di molti giovani. Decine, quelli che rischiano il posto da qui a fine anno. E come detto è il settore dell’abbigliamento a soffrire di più. 
LE SPIEGAZIONI
Il 2019 fino ad oggi è da ricordare come uno degli anni peggiori del cosiddetto post-crisi. Alla base ci sono tanti fattori, alcuni nazionali e generali, altri del tutto locali e particolari. «Si deve naturalmente partire dal calo dei consumi rilevato nelle famiglie - precisa sempre Marchiori dalla poltrona dell’Ascom -: il dato deriva in parte da com’è stato ridotto il settore manifatturiero, che generalmente da lavoro alle masse che poi sono chiamate a spendere al dettaglio e ad alimentare l’economia di una città. Ma a Pordenone ci sono state anche delle cause contingenti». 
Il clima, ad esempio, non ha assolutamente dato una mano al commercio. «Abbiamo completamente perso la primavera - spiega Antonella Popolizio di Federmoda -, e il mese di maggio è stato letteralmente disastroso a causa della pioggia e le basse temperature». Poi, quando il sole è tornato a illuminare i due corsi, sono arrivati i cantieri. «Però da quel punto di vista dobbiamo essere moderati - chiarisce Marchiori -, perché alla fine le migliorie alla città le abbiamo chieste anche noi e ora ce le abbiamo». Di certo in via Cappuccini ci si aspettava tempi più brevi, ma il danno al commercio era già stato provocato in precedenza, in un anno che come ha spiegato Marchiori non ha avuto alcun exploit degno di nota. «La stagione dei saldi, infatti, ha dato risultati simili a quelli del 2018, ma il dato di partenza non era buono. Per risollevare le sorti del commercio in città ci volevano ben altre vendite». Invece un po’ i cantieri, un po’ il caldo (che come la pioggia ha invogliato tanta gente a non uscire nelle ore centrali) e un po’ il potere d’acquisto stagnante hanno provocato lo stallo del comparto tra i due corsi-salotto del capoluogo. 
E le ricadute rischiano di essere ancora più gravi rispetto ai dati stessi dell’analisi, perché il commercio è fatto di persone normali, non di magnati, che vivono con stipendi altrettanto normali, i quali ora sono a rischio giorno dopo giorno. 
Ultimo aggiornamento: 2 Settembre, 15:10 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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