PORDENONE (7 settembre) - La caposala di una struttura sanitaria del Friuli Occidentale stata condannata dal giudice civile del Tribunale di Pordenone a risarcire i danni causati a una ragazza per aver rivelato, pur accidentalmente, il suo stato di salute. I fatti sono accaduti quando la giovane fu ricoverata in una struttura ospedaliera.
La giovane, una ex tossicodipendente, aveva fatto presente al personale medico di voler essere trattata con il metadone per potersi disintossicare. Non era stata l’unica richiesta fatta al personale. Aveva infatti espressamente chiesto che non venisse rivelato il proprio stato di tossicodipendenza ai familiari. Nonostante questa precisa sottolineatura durante una visita da parte di una delle sorelle era entrata in camera la caposala che aveva chiesto a voce alta, alla presenza della congiunta, quando la giovane ricoverata volesse il metadone. Di fatto con questa domanda l’infermiera aveva svelato lo stato di tossicodipendenza. Una rivelazione costata cara alla giovane: la famiglia aveva cessato i rapporti con la paziente al punto tale che il giorno del matrimonio quasi nessun familiare si era recato alle nozze.
Per tale ragione la danneggiata aveva deciso di ricorrere al Tribunale di Pordenone al fine di ottenere il risarcimento per le sofferenze patite in seguito alla rivelazione sul suo stato di tossicodipendente. Nella sentenza il giudice ha evidenziato il fatto che il codice della privacy impone l’adozione di misure minime di sicurezza per pervenire durante i colloqui l’indebita conoscenza da parte di terzi di informazioni idonee a rivelare lo stato di salute e ad evitare che le prestazioni sanitarie avvengano in situazioni di promiscuità derivanti dalle modalità o dai locali prescelti. Da qui l’accertamento della condotta non rispettosa e la condanna al risarcimento del danno.
Ultimo aggiornamento: 26 Settembre, 22:48
© RIPRODUZIONE RISERVATA La giovane, una ex tossicodipendente, aveva fatto presente al personale medico di voler essere trattata con il metadone per potersi disintossicare. Non era stata l’unica richiesta fatta al personale. Aveva infatti espressamente chiesto che non venisse rivelato il proprio stato di tossicodipendenza ai familiari. Nonostante questa precisa sottolineatura durante una visita da parte di una delle sorelle era entrata in camera la caposala che aveva chiesto a voce alta, alla presenza della congiunta, quando la giovane ricoverata volesse il metadone. Di fatto con questa domanda l’infermiera aveva svelato lo stato di tossicodipendenza. Una rivelazione costata cara alla giovane: la famiglia aveva cessato i rapporti con la paziente al punto tale che il giorno del matrimonio quasi nessun familiare si era recato alle nozze.
Per tale ragione la danneggiata aveva deciso di ricorrere al Tribunale di Pordenone al fine di ottenere il risarcimento per le sofferenze patite in seguito alla rivelazione sul suo stato di tossicodipendente. Nella sentenza il giudice ha evidenziato il fatto che il codice della privacy impone l’adozione di misure minime di sicurezza per pervenire durante i colloqui l’indebita conoscenza da parte di terzi di informazioni idonee a rivelare lo stato di salute e ad evitare che le prestazioni sanitarie avvengano in situazioni di promiscuità derivanti dalle modalità o dai locali prescelti. Da qui l’accertamento della condotta non rispettosa e la condanna al risarcimento del danno.
