Bimbo allergico, in mensa a scuola
costretto a mangiare in un angolo

Giovedì 7 Novembre 2019 di Susanna Salvador
Bimbo allergico costretto a mangiare da solo in mensa
19
PORDENONE - Ha solo sei anni ma è già costretto a confrontarsi con una realtà, quella scolastica, che invece di insegnare l’educazione alimentare, lo ha isolato perché è allergico alle proteine del latte e delle uova. A raccontare la storia del bambino è la mamma, che sta facendo tutto quanto è umanamente possibile affinché suo figlio possa pranzare assieme ai suoi compagni, e non da solo, in un tavolino lontano da tutti, come fosse contagioso.  Paolo (nome di fantasia ndr) frequenta la prima elementare in una scuola della provincia. Un bimbo come tanti: allegro, vivace e curioso. Fin da piccolo ha imparato cosa vuol dire non poter mangiare alcuni cibi e, seppur tra molte difficoltà, sa che per lui alcuni alimenti sono vietati perché gli fanno male. «Non posso, sono allergico», dice scuotendo la testolina. Un bambino consapevole, che ovviamente ha bisogno di essere seguito. Ma non isolato. Soluzione che invece ha adottato la scuola per non assumersi responsabilità. «Quando l’ho iscritto ho seguito tutto l’iter previsto - spiega la mamma -: ho compilato una serie di moduli accompagnati da un certificato medico molto dettagliato, poi ne ho compilati altri che sono stati poi girati anche all’Aas5 nei quali era anche segnalata la necessità di avere in classe alcuni farmaci salvavita, perché “Paolo” soffre di asma cronica. E l’Aas5 avrebbe dovuto mandare qualcuno a scuola a istruire le maestre sul loro utilizzo in caso mio figlio avesse una crisi». Ma nessuno si è mai fatto vivo, i farmaci li ha portati la mamma alla maestra e sempre la mamma le ha insegnato come usarli.
L’INCUBO MENSA
La scuola sa che il bambino è allergico, lo segnala alla società che ha vinto l’appalto della mensa e, a parte il primo giorno che il piccolo è rimasto a digiuno, i pasti arrivano regolarmente: non contengono proteine del latte o uova, e Paolo può pranzare tranquillamente. Si fa per dire. La scuola non si prende alcuna responsabilità: teme che i bambini si scambino il cibo e non c’è nessuno che può controllare. Ed ecco che dal cappello esce la soluzione meno “impegnativa”, dal punto di vista della scuola: Paolo non deve mangiare nella grande tavola con i suoi compagni. Per lui c’è un tavolino, a parte, che lo isola dal reso del mondo: lui mangia lì. E non è difficile immaginare la sua faccetta triste e i suoi pensieri su quella solitudine imposta. Come se fosse contagioso o avesse fatto qualche marachella. «All’inizio si lamentava - prosegue la mamma -. Ora è come rassegnato».
EDUCAZIONE ALIMENTARE
«L’ora di pranzo viene definita “ora di educazione alimentare” - incalza la madre -, un’ora per insegnare ai bambini cosa sono gli alimenti, le allergie alimentari e cosa comportano. Mio figlio l’ho educato da subito e credo che dovrebbe farlo anche la scuola, con lui e gli altri bambini». Intanto, nonostante la rabbia, le proteste, la ricerca di compromessi per non fare sentire il piccolo Paolo come un bambino “diverso”, nulla è cambiato. Quando scocca l’ora del pranzo, lui si avvia con i suoi compagni verso la sala mensa, dove si dividono: lui se ne va solo soletto nel suo tavolino, mentre gli altri si siedono tutti assieme nel grande tavolo dove tra risate e chiacchiere mangiano come una grande famiglia.
Susanna Salvador
Ultimo aggiornamento: 8 Novembre, 09:42 © RIPRODUZIONE RISERVATA

PIEMME

CONCESSIONARIA DI PUBBLICITÁ

www.piemmemedia.it
Per la pubblicità su questo sito, contattaci