Aggressioni in corsia: medici e infermieri ai corsi di autodifesa

Sabato 6 Aprile 2019 di Alberto Comisso
Aggressioni in corsia: medici e infermieri ai corsi di autodifesa
PORDENONE - Violenze e aggressioni a medici ed infermieri, in particolare quelli che operano al pronto soccorso (e che escono con l'ambulanza) e nel reparto che ospita il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura all'ospedale Santa Maria degli Angeli di Pordenone. E così l'Azienda sanitaria 5 del Friuli Occidentale, sulla scorta di esperienze già sperimentate con successo in altre realtà, corre ai ripari e nella riunione convocata per giovedì prossimo il direttore generale, Giorgio Simon, potrebbe abbracciare l'idea che ad essere mandati a scuola di tecniche per affrontare persone aggressive siano proprio gli operatori sanitari dei due reparti. Quelli che, forse più di altri, sono maggiormente esposti ai rischi.
 
I NUMERI
Dall'inizio dell'anno ad oggi, le aggressioni - i dati sono parziali, dal momento che non riguardano soltanto gli ospedali ma anche altre strutture sanitarie della Destra Tagliamento, e sono monitorati dall'ufficio affari legali e del personale - sono almeno una ventina. Anche ieri pomeriggio i carabinieri sono dovuti accorrere al pronto soccorso dell'ospedale cittadino per una situazione che sarebbe potuta degenerare da un momento all'altro. Ed è ancora fresca l'immagine di quella rissa tra tre richiedenti asilo al parco San Valentino di Pordenone. Uno dei profughi era riverso a terra e così era stata chiamata un'ambulanza del 118. Quando però il mezzo di soccorso era arrivato sul posto, uno dei richiedenti aveva scagliato un grosso sasso contro il finestrino del mezzo di soccorso. Alle vere e proprie violenze si devono sommare poi episodi di minacce e insulti agli operatori sanitari.

IL DIRETTORE
«Episodi gravi tiene a precisare Simon per fortuna non sono all'ordine del giorno anche se in alcuni casi il clima si scalda facilmente. La raccomandazione che facciamo sempre a medici ed infermieri è quella di chiamare le forze dell'ordine». Ma cosa succede in casi di aggressione? «Il protocollo tiene a precisare Simon dice che la persona violenta debba essere immobilizzata per essere poi sedata. Almeno questo accade all'ottavo piano dell'ospedale civile di Pordenone dov'è presente il Servizio psichiatrico di diagnosi e cura». Il personale medici ed infermieri dovrebbe essere quindi preparato ed istruito su come intervenire. «Un lavoro importante lo fa sicuramente la psicologia afferma il direttore generale e, a questo proposito, mi sento di ribadire l'importanza della presenza di due psicologhe che dialogano e ascoltano direttamente il nostro personale».

CORSI DI AUTODIFESA
«Autodifesa? Sono favorevole ad impartire nozioni base- va avantin il direttore - dando così la possibilità soprattutto a chi opera al pronto soccorso e in psichiatria di potersi almeno adeguatamente difendere. Di questo, però, ne vorrei discutere giovedì prossimo nel corso di una riunione interna all'Azienda sanitaria: questo sarà proprio uno dei temi che andremo ad affrontare». Come dire: c'è volontà da parte dell'Aas5 di dare alcune risposte a situazioni di emergenza e di dare a medici ed infermieri gli strumenti per affrontare le situazioni a rischio. «L'obiettivo segnala Simon potrebbe essere quello di non essere scoperti di fronte a situazione pericolose che precedono la vera e propria aggressione fisica. Nessuno ci insegna a difenderci e dai nostri dati è evidente che i numeri delle aggressioni si mantengono su valori elevati». A questo proposito è al vaglio del direttore generale l'ipotesi, peraltro già ventilata in passato, ma mai attuata per tutta una serie di motivi, di trovare una collocazione migliore al Servizio psichiatrico di diagnosi e cura. «Nel nuovo ospedale assicura Simon è già stata predisposta un'area al piano terra, con tanto di area esterna. Era stata individuata l'opzione di una struttura a Sacile ma la legge ci obbliga a mantenere il servizio vicino all'ospedale». 
Alberto Comisso
Ultimo aggiornamento: 12:48 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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