Pensioni, in Fvg aumenti sospesi per 80mila. Slitta a marzo la rivalutazione: dove è nato il pasticcio

Martedì 31 Gennaio 2023 di Marco Agrusti
Pensioni, in Fvg aumenti sospesi per 80mila persone. Slitta a marzo la rivalutazione degli assegni

Nella vita lavorativa, hanno fatto parte di quello che viene chiamato - con contorni spesso poco definiti - il ceto medio. Maturata l’età della pensione, questo “popolo” ha un assegno dignitoso, che supera i duemila euro al mese. Una fetta che si potrebbe definire minoritaria, dal momento che i numeri in Friuli Venezia Giulia dicono che la stragrande maggioranza dei pensionati vive invece con un reddito inferiore.

Il problema, però, è che adesso l’aumento previsto per contrastare il carovita è arrivato nelle tasche del secondo gruppo ma non in quelle del primo. E per quanto riguarda il Friuli Venezia Giulia il danno prodotto riguarda decine di migliaia di persone.


IL NODO
Ad essere toccati dal pasticcio - perché di questo si tratta - sono circa 80mila persone in tutto il territorio regionale. Si tratta di pensionati che non ricadono nella prima fascia di reddito, ma nella seconda, quella cioè al di sopra dei 2.100 euro al mese di assegno. Cittadini beffati da un ritardo imputabile a tre soggetti: l’Inps, l’Istat e il governo. Sì, perché il pasticcio è nato in fase di approvazione dell’ultima manovra finanziaria, licenziata dall’Esecutivo Meloni sotto Natale. Il tema - torrido - è quello della rivalutazione delle pensioni alla luce del morso dell’inflazione. Si parla in questo caso di pensioni da 2.100 euro lordi, a cui si devono togliere le tasse per arrivare all’importo netto. Niente a che vedere con quella che viene definita ricchezza. E si tratta di una fetta di popolazione da 80mila persone che sente in maniera pesante gli effetti del carovita. Basti pensare ad esempio ai costi lievitati quasi ovunque: dalla spesa alla benzina, dalle badanti alle case di riposo, per chi ne ha bisogno. 


L’INGHIPPO
Cos’è successo? Perché, contrariamente ai pensionati con assegni più bassi, gli altri non hanno ricevuto la maggiorazione dell’assegno? L’adeguamento, nel dettaglio, quest’anno è particolarmente sostanzioso, nonché necessario per combattere la serie di rincari che aggredisce il potere d’acquisto. Non si tratta propriamente di “noccioline”. Sulla base delle proiezioni elaborate dall’Istat, infatti, la maggiorazione prevista per quanto riguarda le pensioni dai 2.100 euro lordi è del 7,3 per cento sulla base storica degli importi precedenti. Il problema? L’aumento non è ancora scattato e non scatterà nemmeno a febbraio, cioè a partire da domani. Gli 80mila pensionati del Friuli Venezia Giulia beffati dall’inghippo normativo, infatti, dovranno attendere marzo per vedersi rivalutare (per giunta al ribasso rispetto alla misura che interesserà gli assegni più bassi) la propria pensione sulla base dell’inflazione. A specificare il procedimento è stata una nota diffusa ufficialmente dall’Inps, che «procederà ad attribuire la perequazione in percentuale in base all’importo annuale in pagamento, come previsto dall’art. 1 comma 309 della legge di bilancio. Nel mese di marzo saranno inoltre posti in pagamento anche gli arretrati riferiti ai mesi di gennaio e febbraio 2023». Perché questa differenza di trattamento? Il cuore del problema dev’essere ricercato nei meandri della Finanziaria approvata sotto Natale dal governo Meloni. La rivalutazione delle pensioni sulla base dell’inflazione scatta di norma a gennaio, ma l’Esecutivo ha cambiato le regole della maggiorazione inserendo il nuovo regolamento nella Manovra. La “maratona” di Natale, però, non ha consentito all’Inps di completare i calcoli anche per quanto riguardava le pensioni al di sopra dei 2.100 euro, che in questo modo per ora sono rimaste fuori dall’adeguamento verso l’alto dell’assegno. L’anno sbagliato per far accadere una cosa del genere, dal momento che l’inflazione - anche se in calo - continua ad aggirarsi attorno alla doppia cifra anche in Friuli Venezia Giulia. 


LA PROTESTA
Sulle barricate anche la Cgil regionale. «Dopo il danno dei tagli alla rivalutazione, la decisione di rinviare a marzo l’erogazione degli aumenti per le pensioni superiori ai 2.100 euro lordi è una vera e propria beffa, l’ennesima a danno dei pensionati, usati come bancomat dal governo Meloni e bistrattati anche dall’Inps», ha tuonato la sezione “Spi” del sindacato. La stessa Cgil conferma di essere pronta a scendere in piazza. 

Ultimo aggiornamento: 07:11 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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