Pallavolista incinta, la società: «Ignorata la nostra versione»

Giovedì 11 Marzo 2021 di Pier Paolo Simonato
Lara Lugli
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PORDENONE «Il fatto di restare incinta viene considerato una mancanza di professionalità, come aver assunto cocaina e risultare poi positivi all'esame antidoping». Lara Lugli, ex martello modenese del Volley Pordenone 2018-19, aggiunge una considerazione pesante al caso che ha fatto esplodere su Facebook nel giorno della Festa della donna.

Non solo. Sulla brutta vicenda si fiondano gli immancabili odiatori della rete. Hanno riempito di minacce (anche molto pesanti) sia il sito www.volleypordenone.it che i social (la pagina Fb e Instagram) con la stessa sigla. Tanto che gli amministratori, poco dopo il mezzogiorno di ieri, li hanno chiusi tutti e tre. Il club pallavolistico non è più attivo, ma le credenziali telematiche esistono ancora. «È impossibile - riferiscono - accettare a cuor leggero tutte le offese gratuite che ci sono piovute addosso in queste ore, nascoste da nomi e sigle di comodo». La vicenda avrà il suo epilogo a metà maggio, davanti al giudice di pace di Pordenone, a meno di accordi precedenti tra le parti. Al momento piuttosto difficili da ipotizzare, visto il clamore assunto dall'intera storia.


DIFESA

Nel marzo del 2019 il martello di Carpi, capitano del sestetto rosa di B1, aveva comunicato ai dirigenti del club l'impossibilità di proseguire la stagione perché incinta, risolvendo conseguentemente il contratto. Ma l'ultima mensilità, quella di febbraio, non è mai arrivata. Da qui l'atto d'ingiunzione, l'opposizione del club e la crociata. «Credetemi, questa mattina (ieri, ndr) non ho neppure aperto i giornali, tanta è l'amarezza che provo. Eppure non eravamo stati noi a scrivere il contratto di Lara, con le relative clausole». Il pordenonese Franco Rossato, che era il presidente del Pordenone Volley al momento del fattaccio, è molto più che amareggiato. Da una vita nel mondo della pallavolo, sempre diviso tra incarichi federali e societari, sta affrontando un autentico tsunami di polemiche. «Al di là di ogni ulteriore considerazione - prova a riflettere -, la cosa che più mi colpisce è il fatto che nessuno, o quasi, abbia pensato di ascoltare anche la nostra versione, prima di dispensare giudizi a destra e a manca. Ci hanno voluti dipingere subito come sessisti, insensibili, e discriminatori dei diritti delle donne lavoratrici». Qual è allora la vostra verità? «Lara Lugli, durante il campionato di B1 edizione 2018-19, era il nostro capitano - racconta Rossato -. All'inizio del mese di marzo ci ha informato di aspettare un bambino e così ci siamo salutati». Senza rancore? «Il contratto, messo a punto da lei stessa insieme al suo procuratore, prevedeva l'immediata cessazione del rapporto anche in caso di gravidanza - rimarca -. Nello stesso documento, che come ripeto non abbiamo fatto noi, venivano stabilite pure le penali in caso di cessazione del rapporto tra le parti. Noi abbiamo preferito non utilizzarle. Quando ci è arrivato il decreto ingiuntivo ci siamo difesi - conclude il dirigente di lungo corso -, avvalendoci proprio dei contenuti di quel contratto». Ora toccherà al giudice di pace mettere la parola fine alla vicenda, in un senso o nell'altro.


IL COLLOQUIO

Ieri intanto il presidente del Coni, Giovanni Malagò, ha avuto un colloquio telefonico con la pallavolista 41enne. Non avendo mai ricevuto comunicazioni sull'episodio, anche lui ha letto la storia sugli organi d'informazione, restando stupito. Così ha deciso di mettersi in contatto con Lugli per conoscere i dettagli dell'episodio dalla diretta interessata. Al termine del colloquio, il numero uno dello sport nazionale ha manifestato tutta la sua solidarietà a Lara. «La invito - sono le sue parole - a un incontro nella sede del Comitato olimpico, non appena le condizioni generali del Paese lo consentiranno». Del resto il mondo del volley (e non solo) è ancora scosso dal caso di Carli Lloyd, la palleggiatrice americana di Casalmaggiore insultata sui social per la sua gravidanza, costretta a rescindere e tornata negli Usa.

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