Omicidio di Roveredo, parla la madre della vittima: «Non riesco a odiarlo ma non lo perdono»

Sabato 25 Febbraio 2023 di C.A.
Omicidio di Roveredo, parla la madre della vittima: «Non riesco a odiarlo ma non lo perdono»

ROVEREDO - «Giuseppe? L'ho cresciuto, gli volevo bene come a un figlio, non riesco a odiarlo. Ma non lo perdono, non lo perdono». Sono le parole di Annunziata Magliarella, la mamma di Aurelia Laurenti, dopo aver appreso che Corte d'assise d'appello di Trieste per Giuseppe Mario Forciniti ha ridotto la pena a 22 anni, due in meno rispetto ai 24 che nell'aula del Tribunale di Udine l'aveva fatta gridare all'«ingiustizia». E lo ribadisce: «Non abbiamo giustizia, le donne continuano a morire, ogni giorno. Eppure diamo la vita...».

La mamma di Aurelia, insieme al marito Giacomo, stanno crescere i due nipotini. È a loro che il Tribunale per i minorenni di Trieste li ha affidati. «La cosa importante - afferma la nonna - è vederli sereni e sorridenti». Fa una pausa e aggiunge: «Senza di loro eravamo finiti». La croce da portare è pesantissima, alleviata soltanto dalla presenza dei bambini. In Calabria c'è chi porta una croce altrettanto pesante: la famiglia Forciniti. Tra consuoceri non c'è acrimonia. «Ci sentiamo sempre - afferma Annunziata - Loro non possono ancora vedere i bambini, stanno facendo un percorso, seguiti da psicologi, per affrontare in futuro un riavvicinamento.


LA PARTE CIVILE
Annunziata Magliarella ha un cuore grande. Non riesce a odiare, ma quei 22 anni fa capire sono troppo pochi per un femminicidio. Sull'accordo tra Procura generale e difesa non c'era possibilità di intervento per la parte civile. «In Appello - spiega l'avvocato Antonio Malattia - è accaduto quello che ci si poteva aspettare. Questo processo sconta un peccato originale che consiste nel fatto che la Procura di Pordenone non ha voluto contestare le aggravanti della crudeltà, dei futili motivi, della presenza dei figli e del fatto che il femminicidio è l'epilogo di una serie di maltrattamenti, come è emerso durante il dibattimento in primo grado». Il legale pordenonese aveva depositato diverse memorie in cui insisteva affinché fossero valutate ulteriori aggravanti. «Quello che è successo ieri - rincara - è l'esito di un processo che nelle sue fasi iniziali non è stato incardinato correttamente. A Forciniti sono state risparmiate una serie di aggravanti che potevano comportare una pena ben diversa in primo grado. Questo è il mio grande rammarico».


IL RISARCIMENTO
L'avvocato Malattia non ha fatto appello, ma ricorda che la provvisionale concessa per i bambini di Aurelia dalla Corte d'assise di Udine «è inferiore a quanto viene destinato a un bambino che perde la madre in un incidente stradale». «Senza contare - aggiunge - che in caso di incidente stradale c'è un'assicurazione che paga, in questi casi, a meno che l'autore del delitto non sia una persona facoltosa, difficilmente le parti offese vengono ristorate». Ieri alla parte civile sono state liquidate le spese nella misura di 4.200 euro.


LA PUBBLICA ACCUSA
In primo grado per Forciniti il sostituto procuratore Federico Facchin aveva chiesto l'ergastolo, descrivendo l'imputato come un uomo freddo, lucido e non credibile quando diceva che il coltello l'aveva portato in camera Aurelia o che aveva avuto un black out dopo la prima coltellata. Malattia si era battuto affinché fosse riconosciuta l'aggravante della crudeltà, ma la Corte ha ritenuto che si potessero concedere le attenuanti generiche, che sono state considerate equivalenti all'aggravante per l'uccisione di una persona convivente. Ventiquattro anni. «Una vergogna», aveva gridato in aula la mamma di Aurelia. «Non è giustizia», ribadisce oggi che gli anni sono scesi a 22.

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