Gli anziani sono longevi ma vivono male: l'allarme lanciato dalla Uil

Martedì 19 Dicembre 2017 di Paola Treppo
Gli anziani sono longevi ma vivono male: l'allarme lanciato dalla Uil
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SAN VITO AL TAGLIAMENTO (Pordenone) - In Friuli Venezia Giulia l'indice di vecchiaia è del 191,8%; con una popolazione residente di 1.229.363 abitanti e un’età media di 46,2 anni, si registra, infatti, secondo dati Istat, un indice di vecchiaia del 191,8%, un indice di dipendenza strutturale del 58,8% e un indice di dipendenza anziani pari al 38,6%.

Una nuova sede territoriale 
Partendo da questi dati la Uil Pensionati del Friuli Venezia Giulia ha aperto ieri mattina, lunedì 18 dicembre, il convegno sulle prospettive per la sanità e l’assistenza agli anziani, nella sala riunioni della zona Industriale di Ponte Rosso, a San Vito al Tagliamento. In questi giorni, peraltro, sono stati inaugurati anche i locali appena rinnovati della sede Uil di San Vito al Tagliamento, in via De Gasperi 8, con il taglio del nastro alla presenza del sindaco Antonio Di Bisceglie.

Dare aiuto e sostegno alla cittadinanza
«Questa sede, ottenuta col contributo dei nostri pensionati della Uil e con l’aiuto di preziosi collaboratori, ha ottenuto il riconoscimento di sede zonale che ci consente di essere presenti sul territorio, come punto di riferimento per dare aiuto e sostegno alla cittadinanza, con particolare attenzione alle famiglie e persone che si trovano in condizioni di maggiore bisogno”.

I bisogni degli anziani del pordenonese
Al convegno, promosso dal segretario provinciale della Uil di Pordenone, Giovanni Fabbian, hanno partecipato, tra gli altri, la consigliera regionale Renata Bagatin che ha esposto il piano operativo 2018 della legge sull’invecchiamento attivo, il direttore generale dell’Aas 5 di Pordenone Giorgio Simon che ha analizzato la situazione dei bisogni degli anziani del pordenonese e l’ampia offerta di servizi di prevenzione e cura della salute e la responsabile dei servizi sociali Uti Tagliamento Tamara Zandotti che ha tracciato i servizi sociali offerti agli anziani nel territorio pordenonese e la necessaria integrazione con il socio-sanitario.

Si vive di più ma si vive male
«I dati vanno letti ma anche interpretati e accompagnati, collegati tra loro per tracciare un quadro complessivo e costruire, di conseguenza, una politica organica e intelligente di azione - dice la segretaria regionale della Uil Pensionati, Magda Gruarin -. In Italia le persone over 75 anni vivono condizioni di salute peggiori rispetto agli altri Paesi europei. Il 23,1% degli anziani ha gravi limitazioni motorie; la grave riduzione di autonomia personale riguarda oltre un anziano su dieci e l’11,2% degli anziani riferisce gravi difficoltà in almeno un’attività di cura della persona, con diseguaglianze sociali nelle condizioni di salute che riflettono la situazione reddituale. Se gli ultimi dati ci dicono che gli anziani in Italia sono tra i più longevi in Europa, viene anche messo in rilievo che hanno maggiori problemi di salute».

La Regione stanzierà 2,6 miliardi di euro 
L’invecchiamento costante della popolazione, che riguarda la provincia di Pordenone come il resto del Friuli Venezia Giulia, «produce effetti su gran parte dei settori della società e impone uno sguardo d’insieme sul fenomeno, da analizzare nelle sue sfaccettature». «La Regione Fvg ha sempre avuto una buona attenzione verso le cure domiciliari e anche con l’ultima finanziaria vengono confermate importanti risorse al Fondo per la non autosufficienza, in un bilancio che prevede uno stanziamento di 2 miliardi e 600 mila euro alle politiche socio-sanitarie. Si sente però l’urgenza di una politica più coordinata che sappia mettere in rete servizi, contributi, risorse umane. Si dovrebbe dedicare maggiore attenzione alle cure intermedie e dare corpo alle tematiche sull’active ageing».

Cosa fare per un invecchiamento attivo?
​Primo arrivare in condizioni di salute ottimali e agire sulle disuguaglianze. Un esempio? Agire sui fattori che generano le malattie professionali. Il segretario provinciale della Uil di Pordenone ha rilanciato al proposito una proposta alle azienda sanitarie: «perché nelle domande di accesso ospedaliero non si inserisce anche quella della tipologia di lavoro o mestiere svolto? Consentirebbe di prendere una serie di dati a riferimento per delle analisi più dettagliate e di dare il giusto perso ai costi sociali delle malattie professionali».
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