Pordenonelegge. Carlo Nordio: «Quei molti errori che la magistratura non ha ancora ammesso»

Sabato 17 Settembre 2022 di Marco Agrusti
Carlo Nordio: «Quei molti errori che la magistratura non ha ancora ammesso»
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PORDENONE - Un titolo sbagliato, come lo ha definito lui stesso. «Perché c'era la fondata speranza che dopo la serie di brutture del caso Palamara si arrivasse a una catarsi, da raggiungere grazie all'ammissione da parte della magistratura di diversi errori. E invece non è successo». Tra politica e giustizia il punto di equilibrio è ancora lontano, il pendolo non si è fermato. Così Giustizia. Ultimo atto, il libro presentato ieri a Pordenonelegge dall'ex magistrato Carlo Nordio, ora candidato alle Politiche per Fratelli d'Italia, è diventato sia lettura del passato che manifesto per una giustizia migliore.

Intervistato dal direttore del Gazzettino Roberto Papetti, Nordio ha evitato le sabbie mobili della campagna elettorale, riuscendo allo stesso tempo a disegnare la sua idea di giustizia: dagli eccessi di Tangentopoli allo scandalo del Mose, fino alla ricetta per un rapporto meno fosco con la politica che deve passare attraverso uno strumento che c'è già, il codice di procedura penale. Quello originario.


LA FRATTURA


Diciassette febbraio 1992, l'Italia viene a sapere dell'arresto dell'ingegnere socialista Mario Chiesa. Ha preso una tangente al Pio Albergo Trivulzio, inizia Mani Pulite. Travolgerà tutto. E - quasi - tutti. Sconvolgerà soprattutto il rapporto tra la politica e la magistratura. «Noi magistrati - ha premesso Nordio - nel 1992 abbiamo scoperchiato una pentola e trovato l'inferno. Tutti gli appalti pubblici erano sporcati dalle tangenti, distribuite al Pentapartito così come al principale partito di opposizione, l'allora Pci. Siamo entrati in cristalleria con la clava, facendo un uso estremamente severo dell'azione penale». Carcerazione preventiva in primis. «E la politica si è dissolta, si è creato un vuoto di potere. E la storia i vuoti di potere non li ammette». Quel vuoto, secondo Nordio, «è stato colmato dalla magistratura, che nella figura della Procura di Milano ha continuato la sua azione anche dopo Tangentopoli». Le inchieste su Bossi e Berlusconi, un ruolo permeante nei confronti del potere legislativo ed esecutivo. «Io stesso nel 1996 ammisi che alcune delle nostre custodie cautelari, benché legittime, furono esagerate - ha proseguito Nordio -. Ma è la politica - ecco il passaggio chiave - che si è resa protagonista di una ritirata codarda, permettendo ad esempio che una semplice iscrizione sul registro degli indagati comportasse le dimissioni da una carica e di fatto consentendo un uso propagandistico della giustizia».


LO SCANDALO INTERNO


Ma anche la giustizia è stata investita da uno tsunami. Il caso Palamara, le nomine in seno al Csm, la ramificazione delle correnti politiche nell'organo di autogoverno della magistratura. «Un mercato delle vacche, come l'hanno definito alcuni. La sfortuna di Palamara fu quella di diventare vittima di un virus sul telefonino, che permise una serie di intercettazioni. In un Paese normale - l'attacco di Nordio - sarebbe saltato tutto. Invece il Csm ha espulso i cinque-sei magistrati coinvolti, ha radiato Palamara e non è successo nient'altro. E la politica non è stata in grado, con un'inchiesta parlamentare, di fare luce su quella che tutti sapevano essere solo la punta dell'iceberg». Ecco perché questo non è l'ultimo atto della giustizia.


IL FUTURO


Scandalo Mose, il terremoto giudiziario in Laguna. Nordio allora è pubblico ministero, indaga sulle tangenti che spuntano a milioni. «Avevamo a disposizione centinaia di ore di intercettazioni, che però rimasero confinate alle indagini. Non vennero date in pasto. La dimostrazione di come se vuoi, le regole le puoi rispettare». Anche nel quadro di una riforma - quella targata Cartabia - che ha investito la Procura della Repubblica di una grande discrezionalità nei confronti del mondo dell'informazione. «Il problema - ha affermato Nordio - è che il magistrato che viola la norma non paga». Eccolo, nascosto, il primo punto per una giustizia migliore. «C'è già uno strumento, ed è il codice di procedura penale - ha chiarito Nordio -. Nel tempo è stato snaturato. Dobbiamo invece attuarlo nella sua versione originale, firmata dalla medaglia d'oro alla Resistenza Giuliano Vassalli». Infine il passaggio sulla sconfitta delle Br, «merito dell'intuizione del procuratore Giancarlo Caselli, che intuì le potenzialità della legislazione premiale per i pentiti». Infine una chicca. Nordio, conoscitore maniacale di Winston Churchill, ha chiuso con un suo aforisma sapientemente riferito alle rivelazioni sui presunti finanziamenti diretti dalla Russia ad alcuni partiti: «Gli americani hanno un solo difetto: amano fare il bidet in pubblico e fanno bere l'acqua agli amici».
 

Ultimo aggiornamento: 18 Settembre, 08:47 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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