Morto a 36 anni un giorno dopo il vaccino anti-Covid: richiesta di archiviazione rinviata per dottoressa e infermiera

Giovedì 8 Settembre 2022 di Susanna Salvador
Marco Piu morto a 36 anni
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CASARSA -  Sarà il giudice per le indagini preliminari a decidere se la richiesta di archiviazione presentata dai legali può essere accolta. Il gip Monica Biasutti ha chiesto tempo, si è riservata la decisione, come si dice in gergo giudiziario. Il che si traduce in un’attesa lunga e carica di sofferenza per le due imputate, una dottoressa e un’infermiera volontaria, che devono rispondere di responsabilità colposa medica per aver vaccinato Marco Piu, 36enne di Casarsa, morto nel sonno per un’insufficenza cardiaca il giorno dopo aver ricevuto la seconda dose di Moderna. La Procura ha chiesto fin da subito di verificare un ipotetico nesso tra vaccino e decesso. E gli accertamenti medici lo hanno escluso.


IL DECESSO


Piu aveva 36 anni quando un malore improvviso lo ha stroncato mentre dormiva nella sua abitazione di Cimpello, casa nella quale viveva con la moglie Sara De Franceschi e due figli di cinque e due anni.

Una morte senza un perché apparente che, come prassi per le persone al di sotto dei 50 anni, obbliga il medico di famiglia a chiedere che sulla salma sia effettuata un’autopsia. L’esame stabilisce che il decesso è stato causato da un’insufficienza cardiaca, ma non fa chiarezza su cosa l’ha determinata. Per questo il pm Federico Baldo, al quale è affidata l’inchiesta, si affida agli esami di laboratorio dell’anatomo patologo Sandro Sulfaro. Il quesito posto dalla Procura è chiaro: verificare il nesso di causa tra morte e patologie del trentaseienne e anche eventuali correlazioni con la somministrazione del vaccino, visto che Piu aveva fatto la seconda dose di Moderna il giorno prima di morire. Nel frattempo la dottoressa e l’infermiera che hanno vaccinato Piu sono indagate per responsabilità colposa medica. L’indagine va avanti e gli accertamenti medici escludono nesso di causa tra vaccino e decesso, come racconta l’avvocato De Paoli.


LA RICHIESTA


A fronte dei risultati delle varie perizie, i legali delle due professioniste chiedono al gup Biasutti l’archiviazione del procedimento. Sottolineano in fase di udienza che le loro assistite hanno solo inoculato il vaccino e lo hanno fatto a regola, che non si sono occupate del triage, ovvero della procedura che, prima di dare il via libera alla dose, dovrebbe stabilire eventuali patologie che potrebbero mettere a rischio la vita della persona da vaccinare. Inoltre c’è il cosiddetto scudo penale che riguarda appunto i professionisti che si occupano delle vaccinazioni. Il decreto legge 44 del 2021 che stabilisce che “la punibilità è esclusa quando l’uso del vaccino è conforme alle indicazioni contenute nel provvedimento di autorizzazione all’immissione in commercio emesso dalle competenti autorità e alle circolari pubblicate sul sito istituzionale del Ministero della salute relative alle attività di vaccinazione”. Il gup Biasutti non accoglie la richiesta di archiviazione o, meglio si riserva. Chiede tempo, non si sa quanto, per visionare nel dettaglio il fascicolo e poi decidere. 


L’ATTESA


Un tempo senza fine per la dottoressa e l’infermiera. Quest’ultima è in pensione e ha prestato la sua professionalità al centro vaccinale come volontaria. «Vive con pena e sofferenza il solo fatto di essere stata indagata», racconta l’avvocato Alessandro De Paoli. L’Aifa, nel rapporto annuale sulla sicurezza dei vaccini anti-Covid 19, ha informato che sono 22 i morti finora “correlabili” ai vaccini su 108 milioni di somministrazioni. Correlabili, però. Non correlati.

Ultimo aggiornamento: 9 Settembre, 21:01 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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