Morto don Giuseppe Romanin, parroco del Duomo per oltre due decenni

Domenica 4 Giugno 2017 di Pier Paolo Simonato
Morto don Giuseppe Romanin, parroco del Duomo per oltre due decenni
È morto monsignor Giuseppe Romanin. Aveva 88 anni. Ha conosciuto bene Lino Zanussi, che spesso gli assegnava il compito di trovare operai di buona volontà per la sua azienda. Ha accolto Karol Wojtyla nel suo Duomo e parlato familiarmente con Jorge Bergoglio (non ancora Papa) a Rio Gallegos, in Argentina, durante l'ordinazione vescovile di suo cugino Juan Carlos Romanin, uno dei tanti figli dell'emigrazione friulana capaci di farsi onore all'estero. Soprattutto, è stato un grande osservatore e un acuto testimone del suo tempo, intuendo con largo anticipo dove sarebbe andata la Chiesa.

PRIMATO - Conosciutissimo, autorevole, stimato per la grande cultura, lo stile sobrio, la cortesia innata e la forza della fede, era un'autentica istituzione. È stato l'unico sacerdote di Concordia-Pordenone a partecipare dal 1962 al 65, sia pure dall'esterno, ai lavori del Concilio Vaticano II. Merito dell'incarico che allora incombeva sulle sue giovani spalle. Don Giuseppe era il segretario di monsignor Vittorio De Zanche, padre conciliare e primo presule della neonata Diocesi, chiamata a unire Friuli Occidentale e Veneto Orientale sotto un'unica ala. Un ufficio molto delicato, retto per 16 anni ininterrotti. «In un angolo della sala stampa, nella vettura che ci trasportava di prima mattina e durante i pochi momenti notturni durante i quali riuscivo a riordinare le idee - ha svelato nei Ricordi di un prete quasi novantenne, uno dei suoi libri -, mettevo su carta ciò che stava succedendo intorno a me. Lo facevo scrivendo a macchina, utilizzando una Lettera 22 della Olivetti, con l'obiettivo di creare una sorta di diario quotidiano dello stesso Concilio. Alla fine ne erano usciti una settantina di fogli dattiloscritti, che avevo depositato negli archivi di Curia, andando a rileggerli di tanto in tanto. Non ho mai dimenticato quei giorni. In tempi recenti ho deciso di riprenderli, per trasformarli in un volume vero e proprio. Sentivo che dovevo farlo».
CAMMINO - Per 21 anni, dal 1984 al 2005, ha guidato la parrocchia cittadina del Duomo. Nato a Villa d'Arco di Cordenons il 29 novembre del 1928, da una famiglia contadina («da noi non c'era neppure la luce elettrica, come in molte altre case, e faceva più caldo nelle stalle», raccontava), aveva studiato con profitto nel seminario diocesano. Ordinato prete il 28 giugno del 1953, il suo primo ruolo era stato quello di vicario di San Marco, fino al 56. Era poi stato scelto da De Zanche per la segreteria (1956-72). Successivamente era divenuto parroco di Maniago, dal 1972 all'84, e direttore dell'Ufficio catechistico. Quindi il ritorno nell'amato Duomo cittadino, dove nella primavera del 92 aveva aperto le porte a Giovanni Paolo II. Raggiunta l'età della pensione, nel 2005 gli era stata affidata la cura della chiesetta del Cristo (in precedenza casa di padre Venanzio Renier), nel cuore della Contrada, luogo di misericordia, misticismo e preghiera. Canonico della Cattedrale, ha passato gli ultimi mesi nella Casa del clero di San Vito. Ieri l'improvvisa scomparsa. Domani alle 19 il rosario a Villa d'Arco, martedì alle 15.30 le esequie in San Marco, presiedute dal vescovo Giuseppe Pellegrini.
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Ultimo aggiornamento: 18:30 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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