La montagna sta morendo, parla Mauro Corona: «Basta promesse politiche, qui servono lavoro e divertimento per i giovani»

Venerdì 25 Novembre 2022 di Marco Agrusti
Mauro Corona
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«Non è troppo tardi, ma bisogna partire da domani. Anche per avere il vino dalla vigna servono tre-quattro anni di attesa. Ma io credo che in un lustro sia possibile salvare la montagna dallo spopolamento». Parole - musica per chi lo ama - di Mauro Corona.

Il simbolo vivente delle vette dolomitiche promette che «porterà l’allarme sul palcoscenico nazionale». Promessa che manterrà, su questo pochi dubbi. Quando si tratta di tornare alla radice del problema, però, il tono si fa greve. «Abbiamo dei paesi che sono perle, se li scoprono i veri ricchi se li comprano in blocco. Ma manca il lavoro, mancano i divertimenti per i giovani. Io combatterò ancora, possiamo salvarci e non è tardi». 


LA RICETTA


Aveva detto di no, che dell’argomento non avrebbe parlato. Poi però ci ha ripensato nel giro di trenta secondi. Troppo importante il domani delle sue vette, dei suoi prati, dei suoi paesi con i coppi che sui tetti «si passano l’acqua a vicenda, come diceva sempre mio nonno. E come i coppi sui tetti dobbiamo fare anche noi: unirci per salvare la montagna». Il Corona poetico a quel punto concede spazio. Arretra. E lo fa di fronte al Corona architetto. Progettista di una scialuppa di salvataggio fatta di programmi, idee, azioni urgenti. «Ed è tutto inutile - dice - se non partiamo dal lavoro. Lo spopolamento dei piccoli paesi è dato principalmente da questo, dalla mancanza di opportunità lavorative. A Claut hanno messo su una fabbrichetta: si occupa del montaggio delle motoseghe, delle forbici a batteria. In un luogo remoto del mondo hanno trovato lavoro sette-otto operai. Tutti montanari. Vedete che è possibile? La seconda cosa che manca quassù da noi è il divertimento per i giovani. Invece di andare a Maniago o a Pordenone, i ragazzi devono poter rimanere fuori la sera anche in montagna. Non sto parlando di discoteche da tremila persone, quelle non ci servono. Parlo di posti in cui i giovani possano ballare, discutere, abbracciarsi. E poi lo sport, non dimentichiamoci dello sport, che ti rende forte, ti abitua alla vita. Da noi è trascurato. Pensate alla Valcimoliana: con 500 metri di paravalanghe e un’attenta pulizia delle strade puoi fare sci di fondo, ciaspolare, passeggiare con i bambini. E creare una notorietà ai luoghi. Non possiamo sempre aver paura di osare». 


LA PUNTURA


E poi arriva il terzo Corona, quello che non lesina le bastonate. «Se Piancavallo non fosse intervenuto a mettere i bastoni tra le ruote, adesso a Pradut di Claut avremmo un impianto di risalita. Si scierebbe da novembre a maggio, perché c’è sempre neve. Invece di collaborare, vinsero le divisioni. Ma è colpa anche dei montanari - prosegue - perché a volte i rifugi si fanno la guerra tra di loro. Una colpa che comunque è minima rispetto a quella della politica, che non investe. Conoscevo un politico friulano, di cui non farò il nome nemmeno sotto tortura, che mi disse che della Valcellina non gliene importava nulla, perché portava pochi voti. Qualche soldo è anche arrivato, ma si decise di realizzare campi da tennis: ma ve lo vedete un ertano che gioca a tennis? Con la pallina che se esce dal campo finisce nel torrente. E lo stadio del ghiaccio? Non serve più a nulla. Creiamo una scuola per l’artigianato, riportiamo i giovani in montagna con un progetto. E facciamo divertire i ragazzi. Basta con il sentimento della paura. Si può salvare ancora tutto, ma bisogna fare in fretta». 

Ultimo aggiornamento: 17:02 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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