Rotta balcanica "dimenticata", in Friuli i piccoli confini sono deserti e passa chiunque: «Roma ci aiuti o non ce la faremo»

Mercoledì 30 Marzo 2022 di Marco Agrusti
Un gruppo di richiedenti asilo

I controlli? Ormai sono praticamente inesistenti.

I valichi (quelli minori, si intende, cioè i più utilizzati da chi non ha come primo obiettivo quello di essere identificato), praticamente deserti. I droni? A parte quelli che servono per individuare gli incendi, mai arrivati. Le telecamere termiche che rilevano il calore? Ci sono ma sono ferme nei magazzini della regione. Così, a causa della guerra in Ucraina e dell’emergenza umanitaria che il conflitto si è portato dietro, il Friuli Venezia Giulia ha improvvisamente perso il controllo dell’altra emergenza: la Rotta balcanica, la “vecchia” immigrazione. E all’alba della stagione che solitamente coincide con l’intensificazione dei flussi e degli arrivi, le cose si mettono male. 


IL NODO


Le forze dell’ordine non possono contare su numeri infiniti. Gli organici quelli sono, e nessuno poteva prevedere una guerra con annessa la più grande migrazione intraeuropea d’emergenza dal Dopoguerra. Sta di fatto che il sistema di monitoraggio della Rotta balcanica è saltato. La maggior parte degli uomini e delle donne delle forze dell’ordine sono oggi impegnati nel controllo e nella registrazione dei profughi che scappano dal conflitto in Ucraina. Agenti e mezzi dirottati soprattutto in corrispondenza dei due valichi autostradali principali: quello di Fernetti (con la Slovenia) a Trieste e quello di Coccau (con l’Austria) a Tarvisio. Ma i migranti che dall’Asia arrivano in Friuli percorrendo la Rotta balcanica non passano quasi mai dai valichi principali. Attraversano i confini utilizzando il Carso, i boschi, i sentieri. Oppure, se trasportati dai cosiddetti “passeur”, entrano in Friuli attraverso i vecchi confini di seconda categoria. E il drenaggio delle risorse per monitorare il flusso dei profughi ucraini ha fatto in modo di lasciare sguarniti tutti questi punti caldi. Sono 900, i migranti arrivati in regione dall’inizio dell’anno attraverso la Rotta balcanica. Ma ci si attende un’impennata. 


LA TECNOLOGIA


I confini sono sguarniti, il passaggio è diventato molto più semplice. Ma l’altro dettaglio che testimonia come in Friuli si sia perso il controllo della migrazione “storica” è quello che riguarda l’uso della tecnologia. La Regione aveva pubblicizzato un successo: l’arrivo sul territorio delle telecamere che utilizzano il sistema della rilevazione di calore. Sono in dotazione anche alla polizia di frontiera americana al confine con il Messico. Permettono di individuare una persone anche in una fitta boscaglia. Ma per ora si tratta di occhi elettronici spenti, dal momento che il materiale è ancora fermo nei magazzini. Non è mai avvenuto il passaggio alle Prefetture. Infine i droni: il Fvg ha a disposizione solo quelli per la rilevazione degli incendi. Non sono stati inviati altri mezzi. 


IL MESSAGGIO


Per controllare i flussi della rotta balcanica, Fedriga propone un’alleanza con i paesi balcanici: «Per controllare i flussi bisogna stringere una forte alleanza con i paesi della rotta balcanica. Nei campi profughi della Bosnia Erzegovina prolificano i trafficanti di essere umani. Penso che su questo l’Europa intera debba porsi un interrogativo. Ragionare su cosa c’è dietro l’immigrazione illegale, il traffico d’armi per esempio. Pensiamo anche alla situazione esplosiva che si è generata in Bosnia. Rischiamo di andare ad alimentare scontri e malavita»

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