Le cose vanno leggermente meglio in provincia di Udine, ma si tratta ugualmente di numeri bassissimi, soprattutto se confrontati con la dimensione dell'emergenza, che a detta degli esperti del settore andrà peggiorando nei prossimi mesi e nei prossimi anni. In provincia di Pordenone, invece, la quota è vicina allo zero. Testimonianza di un aiuto che di fatto non è mai arrivato. Dall'introduzione del decreto che consente agli specializzandi del Ceformed (Centro di formazione per l'assistenza sanitaria) di diventare medici di base per coprire territori carenti, l'adesione dei giovani dottori è al minimo storico.
Numeri insufficienti
Nella sola provincia di Pordenone, con un'emergenza che si fa più violenta se si prende in considerazione l'area montana e pedemontana, sono 50mila i cittadini ancora senza un medico di medicina generale. Persone costrette a girovagare per trovare assistenza sanitaria. Persone spesso anziane, con ridotte possibilità di spostarsi. I dati sono forniti direttamente dal presidente dell'Ordine dei medici, Guido Lucchini. «Ancora - ha spiegato a chiare lettere il responsabile della categoria - di medici al primo o al secondo anno di specializzazione non ne sono arrivati». E si parla della medicina generale, quella sul territorio. La speranza è quella che qualche rinforzo possa venire fuori nei prossimi mesi, ma allo stato attuale l'apertura nei confronti dei giovani non ha decisamente funzionato. Il presidente dell'Ordine dei medici di Udine, Gian Luigi Tiberio, afferma che «qualcosa si è visto», ma allo stesso tempo spiega come «il territorio udinese sia il più ampio e quello maggiormente in difficoltà per quanto riguarda la carenza di professionisti». Anche nel Friuli Centrale i numeri sono del tutto insufficienti.
Le regole
Cosa dice nel dettaglio il decreto? Per dare una mano alla medicina del territorio, la norma stabilisce che gli studenti dei primi anni di specializzazione (ci si riferisce al Ceformed, che avvia i laureati verso la medicina generale) possano prendere il posto da medico di base in un territorio riconosciuto come carente. E ce ne sono a decine nelle due province. Ci sono però delle strettoie: il giovane medico dev'essere innanzitutto seguito da un tutor, ma soprattutto non può assistere più di mille pazienti.
Il problema della formazione
Sono gli stessi specializzandi, pur coperti dall'anonimato per ragioni di privacy, a spiegare i motivi alla base di un rifiuto generalizzato dell'incarico. Il problema, stando a quanto filtra dagli studenti, è quello della formazione. «La scuola che stiamo frequentando - spiega - serve proprio per farci imparare un mestiere delicato che in futuro saremo chiamati a svolgere sul campo. Coprire una zona carente non sarebbe formativo. Sarebbe sì esperienza pratica, ma è ovvio che svolgere questo compito vorrebbe dire correre dei rischi. Ci sono delle responsabilità precise, non ci si inventa medici di famiglia da un giorno all'altro. Non poter fare la formazione sarebbe soprattutto un rischio. Siamo consci del bisogno che c'è sul territorio, ma dobbiamo stare attenti».