Mauro Corona e il Vajont: «Renderne obbligatorio lo studio a scuola». ​Zanfron: «Papà al buio non capiva, stava pestando i cadaveri»

Lunedì 11 Ottobre 2021 di Elena Filini
Mauro Corona e il Vajont

«Bisogna rendere obbligatoria nelle scuole la storia del Vajont». È rimasto a Erto, perché lì abita ancora la sua infanzia. E ha cercato, con i propri mezzi di combattere per il ricordo di quei quasi 2000 morti. Ma ogni 9 ottobre è una fitta al cuore. «Ma non provo più odio e rabbia. Provo una malinconia acuta.

Perchè Vajont è ancora una parola evitata».

Mauro Corona parla del Vajont

Mauro Corona è il primo ospite della maratona televisiva organizzata da Antenna 3 tra Roncade e Longarone per commemorare i 58 anni dal disastro. «Io ci ho provato per anni con quel mio cocciuto insistere che venisse Napolitano, non si è mai degnato. Questa non è stata un'alluvione. La morte qui è stata costruita. Ci sentiamo il diritto di ricevere una carezza sulla pelle ancora bagnata dal dolore». La ferita sanguina ancora. E in più ci si mette il tempo, che allontana le nuove generazioni della consapevolezza di ciò che è stato. Anche Renato Migotti presidente dell'associazione Vajont: il Futuro della Memoria, concorda. «Il nodo sono le nuove generazioni. È difficile capire come intervenire, ma dobbiamo passare il testimone». In studio con Christian Arboit c'è Luca Zanfron, figlio di Bepi. «Ho portato la macchina con cui mio padre è partito quella notte. Gli avevano detto che era scoppiato un tubo. A Faè la strada non esisteva più, ha proseguito a piedi. Nel buio, con al pila non capiva: stava calpestando dei cadaveri». Da Longarone ecco la veglia, dedicata quest'anno alle famiglie. Scorrono nomi come titoli di coda. Sono vite, interrotte e distrutte nel volgere di pochi minuti. «Il Vajont è stata la distruzione di una cultura, di una microciviltà montanara» conclude Corona. Parte la diretta dall'antica chiesa di San Cipriano di Roncade: un violino in scena, fotografie alcuni vecchi dischi. E una storia tutta da ricordare. Quella della partita della memoria, che ha legato per sempre la squadra di Longarone e quella di Roncade. Sfidanti in campo, ma amici per sempre. Luca Giuriato, di San Biagio, ha raccontato della partita della memoria del 2018.

 



«Tutto nacque quando mio padre Raimondo, guardando una trasmissione di Paolini in cui si raccontava della tragedia del Vajont, vedendo una foto della formazione della squadra di calcio Acli Longarone 1963, ricordò che pochi giorni prima del terribile evento, nel settembre 1963, le squadre di San Biagio di Callalta e Roncade, che militavano nello stesso girone, avevano disputato una partita contro il Longarone. La cosa lo emozionò moltissimo e mi chiese di aiutarlo a cercare chi era ancora in vita. Ci vollero due anni di ricerche, ma alla fine ce l'abbiamo fatta. Da allora, un'amicizia fortissima lega noi trevigiani ai superstiti di Longarone». Un documentario racconta la ricerca dei superstiti e delle famiglia, fino ad una partita disputata a Longarone nel 2018. «Roncade ha un legame particolare, che si vuole consolidare negli anni-ha spiegato il sindaco di Roncade Pieranna Zottarelli- con gesti semplici come questo, con gesti umili ma profondi noi portiamo avanti l'impegno di non dimenticare». Un impegno ribadito dal regista Mario Martinelli. «Ma temo che la nostra sia una battaglia impari» ha aggiunto, dopo aver rivelato di aver pensato ad suo sequel del suo film con Mauro Corona. Un progetto che oggi però, all'interno del servizio pubblico, non ha trovato ascolto. «In nessun altro film mi è capitato di legarmi in maniera così stretta alla comunità, io a Longarone mi sento a casa ha ancora raccontato. Parole confermate dal sindaco di Longarone e presidente della Provincia Roberto Padrin. «Il Vajont ha lasciato, oltre al dolore, una storia di fraternità. Ogni volta che attraverso l'Italia trovo mille fili, mille storie che legano Longarone al cuore della gente».

Ultimo aggiornamento: 12 Ottobre, 09:39 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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