Francesca uccisa in allenamento, all'investitore ritirata la patente un anno fa. «Basta bici, troppo pericolosa, mi alleno a piedi»

Sabato 5 Marzo 2022 di Benedetta Basso
Francesca Manfè
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SACILE - Un anno fa al 77enne che giovedì pomeriggio ha investito Francesca Manfè in via Prata, a Tamai, era stata ritirata la patente di guida perché era risultato positivo a un alcoltest. Gli era stato poi stata restituita perché ritenuto nuovamente idoneo. L’altra sera, quando i carabinieri lo hanno sottoposto alla prova dell’etilometro, è risultato positivo, il tasso alcolemico sfiorava 1 grammi/litro. La guida in stato di ebbrezza inciderà nel fascicolo d’indagine aperto in Procura per omicidio stradale. Il sostituto procuratore Federico Baldo sta valutando gli atti depositati dai carabinieri della stazione di Fontanafredda: rilievi, testimonianze e tutto ciò che potrà contribuire a chiarire il quadro in cui la tragedia si è consumata. Carmelo Feltrin, residente a Pasiano, stata rientrando a casa alla guida di una Fiat Multipla.

Ha travolto la podista con la parte anteriore destra caricandola sul parabrezza, sfondato sul lato sinistro. «È sbucata dalla stradina del cimitero e l’ho colpita», ha spiegato l’uomo.

«Basta bici, troppo pericolosa»


«Ora ho paura ad allenarmi in bici. Sospendo le pedalate. Sono mamma e ho due figli a casa». Dopo la morte del suo caro amico ed ex compagno di squadra Maurizio Casagrande, Francesca Manfè aveva paura. Paura di essere investita com’era successo al suo coetaneo nell’agosto scorso mentre in sella alla sua bici stava percorrendo le strade del Cansiglio. Un tragico destino ha voluto che la podista, ma durante la corsa che lei amava fare, soprattutto attraverso i campi e le strade sterrate. «Ci conoscevamo da più di dieci anni. A settembre, ai campionati mondiali di mezzo Ironman a Nizza, mi aveva confidato di non voler più allenarsi in bici dopo quella tragedia e infatti quel giorno era la prima volta che pedalava da quel terribile evento», racconta il compagno di squadra della 44enne.
«Dopo la morte di Casagrande aveva deciso di dedicarsi più alla corsa, ma anche alla montagna, all’alpinismo e nuotavamo spesso al lago di Santa Croce. Era molto prudente e correva per le strade asfaltate solo se c’era ancora visibilità, come quel giorno. Strano che corresse nello stesso senso di marcia delle auto senza poter vedere il pericolo». Dal 2019 Francesca era iscritta con A3 Triathlon, la squadra di Pederobba capitanata da Claudio Bolletta e aveva gareggiato per diversi anni con il ReAction Triathlon Team di Pordenone e la Atletica Edilmarket Sandrin.
«Ha convinto anche me ad iscrivermi con A3 Triathlon. Mi diceva che era una bella squadra, fatta di tante belle persone: tanto tifo e poca competizione. Amava coltivare le sue amicizie e divertirsi dopo la fatica», continua l’amico con cui aveva condiviso l’esperienza del mondiale a Nizza, «era felicissima dopo quella gara. Era arrivata terza di categoria nonostante il poco allenamento e ha scritto subito al capitano Bolletta. C’era anche il marito con lei e si vedeva che si amavano molto». Con Francesca si erano promessi un altro mezzo Ironman in Portogallo in autunno. Lei aveva partecipato anche alla mezza distanza di Palma di Maiorca. «Non so se andrò a gareggiare in Portogallo ora. Riuscire a fare un Ironman completo sarebbe stato il suo sogno. Lo leggevo nei suoi occhi». La famiglia A3 ricorda Francesca. «Un abbraccio a tutta la famiglia provata così duramente da una tragedia immensa come questa. Faremo sport ancora più forte di prima, anche per lei», dicono il presidente A3 Fabio Flora e il vicepresidente Bolletta.
 

Ultimo aggiornamento: 6 Marzo, 12:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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