Il lavoro c'è, i lavoratori no. Confindustria lancia la proposta: «Ci diano più extracomunitari, ci servono»

Venerdì 1 Luglio 2022 di Marco Agrusti
Un operaio
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UDINE - Il concetto è espresso più o meno così: «A noi del dibattito sui confini, sui barconi e sui “muri” non interessa nulla. A noi interessa produrre, e per produrre ci serve la manodopera, che scarseggia in ogni settore». Manodopera, va aggiunto, che in Italia è ormai impossibile perfino pensare di recuperare. Va importata. E qui si innesta il ragionamento di base espresso dalla Confindustria di Udine: «Ci servono più stranieri». È un po’ più complesso di così, ma fondamentalmente il nocciolo è proprio questo.

La maggiore associazione che rappresenta i datori di lavoro sul territorio (e in Friuli si parla anche di giganti di caratura multinazionale) si appella a governi e politica per far arrivare più extracomunitari sul territorio. Il tutto quando una parte della politica stessa chiede l’esatto opposto: uno stop ai flussi e alle ondate migratorie. 

«Servono stranieri»

«Auspichiamo con fiducia una gestione dell’immigrazione tesa a coprire le attività lasciate libere», rileva la Confindustria udinese. Questo anche perché si prevede «un trend inflattivo che va raffreddato, probabilmente con un aumento progressivo dei tassi ed una stretta sulla liquidità. Sostanzialmente - spiega sempre la relazione - il macro ciclo economico entrerà nella fase down (quindi negativa, ndr), che resterà tale per almeno un paio di anni». Perché servono più stranieri, secondo gli industriali udinesi? La risposta è semplice. Le aziende cercano ogni giorno addetti di ogni tipo, ma non ne trovano. È il paradosso di questo inizio di anni Venti: il lavoro c’è, ma c’è anche chi lo rifiuta. 

L’appello di Confindustria

La Confindustria friulana chiede una cosa specifica: la ridefinizione del sistema delle quote, che garantisce un riparto di lavoratori extracomunitari in ogni regione. In sostanza, c’è bisogno di un flusso maggiore. Di lavoratori, si intende. Quindi cosa ben diversa dai richiedenti asilo o da chi non è in grado di autosostenersi quotidianamente. Il ragionamento torna semplice: «Se nasce un nuovo stabilimento da 600 maestranze, oggi dove sbatterebbe la testa? Ci servono persone per produrre di più». E queste persone sul territorio non ci sono. Lo dicono anche degli studi messi nero su bianco, dei quali la Confindustria udinese si serve per supportare la propria richiesta.  Solo nel periodo tra giugno e agosto, ad esempio, in Friuli Venezia Giulia le aziende richiedono l’inserimento di personale per 27.980 unità. Nel solo mese di giugno la richiesta è stata di 11mila persone in tutta la regione. Ma la base risponde meno prontamente rispetto all’impulso della domanda di lavoro. Un lavoro compiuto da Unioncamere mostra come le aziende incontrino difficoltà di reperimento delle risorse nel 42 per cento dei casi. E la quasi totalità di queste figura dovrebbero essere rappresentate da giovani, come giovani sono gli immigrati che arrivano nel nostro Paese. Ecco che il cerchio si chiude.  Dal settore del legno a quello delle costruzioni, infatti, la “musica” è sempre la stessa: tra le cause alla base della mancanza di manodopera, infatti, spicca sempre in termini percentuali la voce “assenza di candidati”, mentre solo nel 17-20 per cento dei casi si tratta di impreparazione di base da parte di chi ambisce ad ottenere un determinato posto di lavoro. Le analisi dell’Ufficio Studi di Confindustria Udine dei dati Istat per l’Italia a giugno, infine, confermano un miglioramento del clima di fiducia delle imprese, da 111 a 113,6, ed un peggioramento di quello dei consumatori, da 102,7 a 98,3.

Ultimo aggiornamento: 17:24 © RIPRODUZIONE RISERVATA

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