Non è certamente un caso se il Piano regionale sulla qualità dell’aria, che sarà approvato a breve dalla giunta Fedriga e che inizierà a produrre effetti pratici dall’inizio del prossimo anno, si concentra su un punto: le emissioni che non derivano dall’industria, non derivano dal traffico, ma dalle case, dai camini, da tutte le fonti che vengono definite come combustioni non industriali.
L’ANALISI
La tre giorni pordenonese chiamata “Stati generali sulla qualità dell’aria” è iniziata così, con la fotografia del problema principale. In Carnia e in tutto il Pordenonese - quindi l’allarme interessa da vicino la sede del convegno - la concentrazione di benzopirene genera allarme. Si tratta di una sostanza presente nel fumo di sigaretta, nei gas di scarico dei motori diesel, nei fumi prodotti dalla combustione di biomasse e nelle carni bruciate. È la combustione di biomasse, ad esempio la legna, a preoccupare di più. Sì, perché la correlazione è netta, e proprio dove si usano di più stufe e caminetti (ad esempio in Carnia) la situazione è peggiore. Nel Pordenonese, invece, i cittadini sono vittime del ristagno atmosferico causato dalla vicinanza alla Pianura Padana vera e propria. Le particelle, in poche parole, fanno fatica ad andarsene una volta che sono presenti nell’aria.
CONTROMISURE
Vecchie stufe, nuove regole, una “gabbia” più stretta attorno alla cappa di inquinamento. Il piano regionale che partirà il prossimo anno e che l’assessore Scoccimarro ieri ha definito come «connesso a quello dell’energia», punta a dimezzare la popolazione esposta a più di 35 superamenti giornalieri dei livelli di polveri sottili. Un risultato che si può ottenere con un investimento da 10 milioni di euro, passando da 200 a 100mila persone esposte. Con il doppio dei soldi si arriverebbe a quota 50mila. Il piano in realtà prevede 15 punti, ed è addentrandosi nel documento che si punta molto sulle emissioni domestiche. Quattro delle 15 azioni, infatti, riguardano l’abbassamento della temperatura degli uffici, la sospensione dell’uso della legna per la combustione (ed è una misura di difficile attuazione, che non sarà morbida in una regione a vocazione rurale e montana), il divieto di bruciare gli sfalci e la sostituzione delle stufe a biomasse. Due obiettivi riguardano poi la riduzione del traffico veicolare e la progressiva sostituzione dei mezzi pubblici con tecnologie meno inquinanti. Quattro misure riguarderanno poi l’agricoltura.
LE AZIENDE
E l’industria? Non c’entra proprio nulla con l’inquinamento. Non è assolutamente vero. Anche l’industria inquina. Ma qui si innesta un altro problema, ed è bello grosso. Il piano regionale prevede un investimento iniziale di circa 30 milioni di euro, mentre per agire pesantemente sulle emissioni prodotte dal comparto industriale ci vorrebbero almeno 100milioni. Più di tre volte tanto. «Questo perché - ha spiegato a Pordenone il dirigente del settore Ambiente della Regione Glauco Spanghero - per limitare l’inquinamento prodotto dalle imprese servono tecnologie molto costose». Ma anche potendo contare “solo” su trenta milioni di euro, il piano regionale comprenderà almeno due misure che potranno incidere - anche se marginalmente - sull’inquinamento industriale. La prima riguarda le certificazioni Emas, cioè strumenti volontari di certificazione ambientale, mentre la seconda sarà anche quella più incisiva: si proverà infatti a misurare la quantità di inquinanti non ancora normati e catalogati. «E se l’analisi - ha concluso Spanghero - farà emergere delle criticità potremo intervenire con delle limitazioni alle emissioni».
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