Inflazione, batosta continua: a Pordenone la situazione peggiore, ecco quanto spenderà in più ogni famiglia a fine anno

Giovedì 17 Novembre 2022 di Antonella Lanfrit
Inflazione

Decimo posto nella classifica generale, ma sapere che in altre regioni gli aumenti siano ancora maggiori in questo caso consola ben poco: il “botto” che l’inflazione dà alle famiglie del Friuli Venezia Giulia, infatti, è notevole, e si trasforma in un aumento della spesa annua di 2.579 euro.

Che poi è la media regionale. Messa la lente di ingrandimento, infatti, si scopre che va ancora peggio a Pordenone – un aumento di 2.715 euro – ed è sopra la media anche a Udine, con un + 2.622 euro. Il che equivale ad un’inflazione dell’11,7% a Pordenone, dell’11,3% a Udine. Leggermente più bassa a Trieste, 10.9%, e a Gorizia, dove l’aumento dei costi annui per la famiglia è, rispettivamente di 2.530 e 2.422 euro. Sono i numeri impietosi resi noti ieri dall’Istat, che ha rilevato l’inflazione di ottobre delle regioni e dei capoluoghi di regione e Comuni con più di 150mila abitanti, in base ai quali l’Unione nazionale consumatori ha stilato la classifica delle città e delle regioni più care d’Italia riguardo all’aumento del costo della vita. A guardare ancora più nello specifico, a ottobre i prezzi a Udine sono rincarati del 3,1% sul mese precedente e a Trieste del 2,7 per cento. La prima città regionale che si incontra nell’elenco dei centri più costosi è Trieste, che si colloca al ventiduesimo posto. Precedono il Friuli Venezia Giulia e sono in vetta alla classifica, la Provincia di Trento, dove la famiglia media deve sobbarcarsi un innalzamento del costo della vita annua di 3.092 euro e l’Emilia-Romagna che resta sotto i tremila euro, ma li sfiora. Riguardo alle città, invece, primato a Ravenna, seguita da Bolzano – che così perde il primato di città più cara d’Italia -, da Bologna e da Milano, dove in media quest’anno si spenderà 3.176 euro in più per vivere.


MISURE DI CONTENIMENTO


Quasi scontate le voci che trainano la corsa anche in Friuli Venezia Giulia: elettricità, acqua, abitazione e prodotti per la casa. «Al di là dei bonus erogati e delle misure tampone che sono state introdotte per contenere i costi dell’energia e dei carburanti, siamo di fronte a una situazione di impoverimento generale delle famiglie, perché anche i contratti di lavoro rinnovati sono stati firmati sulla base di valori inflattivi molto più bassi rispetto a quelli attuali – considera il segretario regionale della Cgil, William Pezzetta -. La priorità, in questa fare, è di confermare anche per il 2023 tutte le misure di contenimento dei costi energetici e soprattutto avviare una vera riforma fiscale, difendendo i posti di lavoro. Se su questa spirale inflattiva dovesse innestarsi anche una dinamica di calo dell’occupazione, che per il momento tiene, andremmo infatti incontro a scenari drammatici». Guarda alla spesa quotidiana l’avvocato Barbara Puschiasis, vicepresidente dell’associazione nazionale Consumerismo. «Dalle nostre rilevazioni del sentiment consumerista – dice - emerge come l’inflazione percepita sia ben più alta di quella rilevata e raggiunga tra i consumatori quota 20%, ma il rischio maggiore è che i prezzi sin qui registrati non torneranno mai più ai livelli ante-crisi», considera.


I TIMORI


«Questo apre lo scenario ad un default economico sociale catastrofico: solo pochi mesi potranno reggere i consumatori più vulnerabili che, a differenza di altri, non hanno risparmi a sufficienza per far fronte ai rincari. Rateizzazioni e bonus - secondo Puschiasis - non avranno alcun effetto, l’unica misura attuabile è uno shock controllato della domanda soprattutto dei beni energetici e una verifica puntuale sui prezzi, revisionando con immediatezza il ruolo di Mister prezzi e della polizia Annonaria». Attivando uno sguardo prospettico, si deve tornare al 1983 per trovare un’inflazione tendenziale a due cifre, cioè 13%, così incalzante come quella che ha fatto salire i prezzi in questi ultimi mesi e settimane.

Ultimo aggiornamento: 07:31 © RIPRODUZIONE RISERVATA
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